82 / 100
Nuove tecnologie e democrazia

Nuove tecnologie e democrazia

da | 5 Mag 2022 | democrazia, nuove tecnologie

Nuove tecnologie e democrazia

Il 21 aprile di quest’anno, all’università di Stanford, California, nel cuore della Silicon Valley, l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha tenuto un importante discorso sul rapporto tra nuove tecnologie e democrazia.

La tesi di Obama è che la prodigiosa rapidità e facilità di accesso dell’informazione attraverso le grandi piattaforme dei colossi del web costituiscano da un lato una grande opportunità globale, dall’altro, in assenza di regole condivise, un serio pericolo di indebolimento delle società democratiche e un vantaggio competitivo per quelle autoritarie, che usano la disinformazione come strumento delle proprie politiche, sia all’interno sia all’estero.

Si tratta di un tema di enorme portata storica, che riguarda il presente e il futuro delle democrazie. Obama si chiede

Nuove tecnologie e democraziase sia possibile rendere compatibili la libertà di ricerca e l’innovazione tecnologica (pensiamo allo sviluppo dell’intelligenza artificiale) con alcune forme di regolazione pubblica e condivisa, tali da impedire l’intossicamento delle fake news e dei discorsi d’odio attraverso la rete;

Nuove tecnologie e democraziase sia possibile individuare sedi di controllo degli algoritmi che regolano la diffusione virale a fini commerciali con le legittime strategie di profitto delle imprese private, fornitrici e utilizzatrici dei canali del web;

Nuove tecnologie e democraziase sia possibile che, come comunità, si mettano a punto strumenti in grado di aiutare i singoli, soprattutto i più deboli ed esposti, a vagliare le informazioni e a riconoscere la bontà o la tossicità delle fonti

e si risponde, argomentando, che non solo tutto ciò è possibile, ma è
necessario e urgente.

 

Barack Obama

Barack Hussein Obama II (Honolulu, 4 agosto 1961) è un politico statunitense, 44º presidente degli Stati Uniti d'America dal 2009 al 2017, prima persona di origini afroamericane a ricoprire tale carica. Figlio di un'antropologa originaria del Kansas e di un economista keniota, Obama si è laureato in scienze politiche alla Columbia University (1983) e in giurisprudenza alla Harvard Law School (1991), dove è stato la prima persona di colore a dirigere la rivista Harvard Law Review. Prima di portare a termine gli studi in legge, ha prestato la sua opera come «community organizer» a Chicago; successivamente ha lavorato come avvocato nel campo della difesa dei diritti civili, insegnando inoltre diritto costituzionale presso la Law School dell'Università di Chicago dal 1992 al 2004.

Civitas, che nasce anche come luogo di contrasto attivo alla disinformazione e come palestra per imparare ad orientarsi nel mondo con strumenti interpretativi adeguati e critici, non può rimanere insensibile all’appello. Di seguito proponiamo, in traduzione, il discorso di Obama, in versione pressoché integrale. Chi volesse ascoltare direttamente la voce dell’ex presidente a Stanford, lo può fare andando qui: Noi vi proponiamo un breve estratto (circa 5 minuti) ma consigliamo, per chi ha padronanza della lingua inglese, di guardare il video integrale.

ATTENZIONE la presentazione Google Slide vista su cellulare è decisamente sconsigliata a causa delle ridotte dimensioni del display; si consiglia di visualizzarla su desktop o al massimo su tablet

scarica   PPT   | scarica l'articolo in PDF    |  vedi anche istruzioni per l'uso.

incorpora la presentazione nel tuo sito - condividi il codice

<iframe src="https://docs.google.com/presentation/d/e/2PACX-1vT_Bvz9y_R-8GaExNrc-6jyuSzgDsZVAfA8rKvLmOhXsaGFvoonKekih3rK6JADMQ3u2ufDA-NyU2Qg/embed?start=true&loop=false&delayms=60000" frameborder="0" width="960" height="569" allowfullscreen="true" mozallowfullscreen="true" webkitallowfullscreen="true"></iframe>

nuove tecnologie e democrazia: il discorso di Barack Obama all’Università di Stanford, 21 aprile 2022

La democrazia si è indebolita

Durante alcuni dei giorni più bui della seconda guerra mondiale, il filosofo americano Reinhold Niebuhr scrisse quanto segue: "La tendenza dell'uomo alla giustizia rende possibile la democrazia, ma l'inclinazione dell'uomo all'ingiustizia rende necessaria la democrazia".

Stiamo vivendo un altro momento tumultuoso e pericoloso della storia. Tutti noi siamo rimasti inorriditi dalla brutale invasione russa dell'Ucraina. La risposta di un despota che detiene armi nucleari a uno stato vicino la cui unica provocazione è il desiderio di essere indipendente e democratico. Un'invasione di questa portata non si vedeva in Europa dalla seconda guerra mondiale, e tutti abbiamo assistito in tempo reale alla morte, alla distruzione e alle migrazioni di profughi che ne derivano.

La posta in gioco è enorme e il coraggio mostrato dai comuni ucraini è stato straordinario ed esige il nostro sostegno. Sfortunatamente, la guerra in Ucraina non avviene nel vuoto. L'aggressione di Vladimir Putin fa parte di una tendenza più ampia, anche se livelli simili di oppressione, illegalità, violenza e sofferenza non attirano sempre gli stessi livelli di attenzione se si verificano al di fuori dell'Europa,

Autocrati e aspiranti uomini forti hanno trovato sempre più spazio di azione in tutto il mondo.  Sovvertono la democrazia, minano diritti umani duramente conquistati, ignorano il diritto internazionale.

L’arretramento della democrazia non si limita a terre lontane. Proprio qui, negli Stati Uniti d'America, abbiamo appena visto un presidente in carica negare i risultati evidenti di un'elezione e contribuire a incitare a una violenta insurrezione nella capitale della nazione. Non solo, ma la maggioranza del suo partito, compresi molti che occupano alcune delle più alte cariche del paese, continua a mettere in dubbio la legittimità delle ultime elezioni, e la sta usando per giustificare leggi che limitano il voto, rendendo più facile capovolgere la volontà popolare negli stati in cui detengono il potere.

Nuove tecnologie e democrazia

Per quelli di noi che credono nella democrazia e nello stato di diritto, questo dovrebbe servire da campanello d'allarme. Dobbiamo ammettere che, almeno negli anni trascorsi dalla fine della Guerra Fredda, le democrazie si sono pericolosamente adagiate.

Troppo spesso diamo per scontata la libertà. Ciò che gli eventi recenti ci ricordano è che la democrazia non è né inevitabile né automatica. I cittadini come noi devono coltivarla. Dobbiamo tendere ad essa e lottare per essa, e poiché i contesti cambiano, dobbiamo essere disposti a guardare a noi stessi in modo critico, facendo riforme che possano consentire alla democrazia, non solo di sopravvivere, ma di prosperare.

Globalizzazione e democrazia

Non sarà facile. Molti fattori hanno contribuito all'indebolimento delle istituzioni democratiche nel mondo. Uno di questi fattori è la globalizzazione che ha contribuito a far uscire dalla povertà centinaia e milioni di persone, in particolare in Cina e India, ma che, insieme all'automazione ha anche messo fine a intere economie, accelerato la disuguaglianza globale e fatto sì che milioni di persone si sentissero tradite e arrabbiate contro le istituzioni.

Nuove tecnologie e democrazia

La crescente mobilità e urbanizzazione della vita moderna scuote sempre di più le basi della società, comprese le strutture familiari e i ruoli di genere. In America, abbiamo assistito a un costante calo del numero di persone che partecipano a sindacati, organizzazioni civiche e luoghi di culto, istituzioni di mediazione che un tempo fungevano da collante comunitario.

A livello internazionale, l'ascesa della Cina così come le disfunzioni politiche croniche, qui negli Stati Uniti e in Europa, per non parlare del quasi collasso del sistema finanziario globale nel 2008, hanno reso più facile per i leader di altri paesi svalutare il prestigio della democrazia. E come una volta i gruppi emarginati chiedevano un posto a tavola, i politici hanno trovato un nuovo pubblico per appelli antiquati alla solidarietà razziale ed etnica, religiosa o nazionale.

[…]

Dovremo inventare nuovi modelli per un capitalismo più inclusivo ed equo. Dovremo riformare le nostre istituzioni politiche in modi che consentano alle persone di essere ascoltate e di dare loro un vero potere. Dovremo raccontare storie migliori su noi stessi e su come possiamo vivere insieme, nonostante le nostre differenze.

Internet come rischio e opportunità

Sono convinto che in questo momento fra i maggiori impedimenti a fare tutto questo, e fra le ragioni principali dell'indebolimento delle democrazie, vi è il profondo cambiamento che sta avvenendo nel modo in cui comunichiamo e assorbiamo le informazioni.

Ora inizio col dire che non sono luddista, anche se è vero che a volte devo chiedere alle mie figlie come funzionano le funzioni di base del mio telefono. Sono affascinato da internet. Connette miliardi di persone in tutto il mondo, mette a portata di mano un retaggio secolare di conoscenza. Ha reso le nostre economie molto più efficienti, accelerato i progressi della medicina, aperto nuove opportunità, permesso a persone con interessi condivisi di trovarsi.

Non sarei mai stato eletto presidente se non fosse stato per siti come MySpace, MeetUp e Facebook, che hanno permesso a un esercito di giovani volontari di organizzarsi, raccogliere fondi, diffondere il nostro messaggio. 

Barack Obama Credits MySpace And Facebook For Helping With Election Win

E da allora, abbiamo tutti assistito al modo in cui gli attivisti utilizzano le piattaforme dei social media per dar conto del dissenso, far luce sull'ingiustizia e mobilitare le persone su questioni come il cambiamento climatico e la giustizia razziale.

Quindi Internet e la conseguente rivoluzione informatica hanno prodotto una trasformazione da cui non si torna indietro. Ma come tutti i progressi tecnologici, anche questo ha avuto conseguenze indesiderate. In questo caso, il prezzo che paghiamo è che il nuovo ecosistema dell'informazione sta sovralimentando alcuni dei peggiori impulsi dell'umanità.

Non tutti questi effetti sono intenzionali e neppure evitabili. Sono semplicemente la conseguenza di miliardi di esseri umani improvvisamente collegati a un flusso di informazioni globale 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Quarant'anni fa, se eri un conservatore nelle zone rurali del Texas, non eri necessariamente offeso da quello che stava succedendo nel Castro District di San Francisco perché non sapevi cosa stava succedendo.

Se vivevi in ​​un villaggio yemenita impoverito, non avevi idea delle abitudini di spesa dei Kardashian. Ad alcuni tale esposizione può aprire gli occhi, forse anche risultare liberatoria, ma altri la possono vivere come un affronto diretto alle loro tradizioni, ai loro sistemi di credenze, al loro posto nella società. Poi c'è la pura proliferazione di contenuti e la frammentazione delle informazioni e del pubblico. Questo ha reso la democrazia più complicata.

Se guardavi la TV qui negli Stati Uniti tra il 1960 e il 1990 circa, probabilmente guardavi una delle tre grandi reti. E questo aveva dei limiti, in particolare per come la programmazione spesso escludeva voci e prospettive di donne, persone di colore e altri segmenti di popolazione al di fuori del mainstream. Ma nel contempo rafforzava un senso di cultura condivisa  e i cittadini di tutto lo spettro politico discutevano le notizie utilizzando una serie comune di fonti.

Oggi, ovviamente, siamo immersi in realtà mediatiche completamente diverse, alimentate direttamente nei nostri telefoni. Non devi nemmeno alzare lo sguardo. E ciò ha reso tutti noi più inclini a ciò che gli psicologi chiamano pregiudizio di conferma, la tendenza a selezionare fatti e opinioni che rafforzano le nostre visioni del mondo preesistenti e tendono ad escludere quelle che non lo fanno.

Quindi all'interno delle nostre personali bolle di informazioni, le nostre supposizioni, i nostri punti ciechi, i nostri pregiudizi non vengono messi in discussione, sono rafforzati. E naturalmente è più probabile che reagiamo negativamente a coloro che si nutrono di fatti e opinioni diversi. Tutto ciò approfondisce le divisioni razziali, religiose e culturali.

Quando informazione e pubblicità si intrecciano

È giusto dire quindi che alcune delle sfide attuali che dobbiamo affrontare sono inerenti a un mondo completamente connesso. Il nostro cervello non è abituato a raccogliere così tante informazioni così velocemente e molti di noi stanno vivendo un un problema di sovraccarico. Ma non tutti i problemi che stiamo vedendo ora sono solo un portato indiretto di questa nuova tecnologia. Sono anche il risultato di scelte molto precise fatte dalle aziende che oggi dominano Internet in generale e le piattaforme di social media in particolare. Decisioni che, intenzionalmente o meno, hanno reso le democrazie più vulnerabili.

Vent'anni fa, i pilastri della ricerca sul web erano completezza, pertinenza e velocità. Ma con l'ascesa dei social media e la necessità di comprendere meglio il comportamento online delle persone, per vendere più pubblicità, le aziende hanno sempre più bisogno di dati. Le nuove parole d’odine sono diventate personalizzazione, coinvolgimento e velocità. E sfortunatamente, si è scoperto che quanto più il contenuto è radicale, estremo e polarizzante, tanto più risulta attraente e coinvolgente.

Altre caratteristiche di queste piattaforme hanno aggravato il problema. Ad esempio, il modo in cui i contenuti appaiono sul tuo telefono, così come il velo di anonimato che le piattaforme forniscono ai loro utenti. Molte volte questo rende impossibile distinguere, diciamo, tra un articolo sottoposto a revisione paritaria del dottor Anthony Fauci e una cura miracolosa proposta da un venditore ambulante.

Nuove tecnologie e democrazia

E nel frattempo, soggetti sofisticati, dai consulenti politici a quelli commerciali, alle operazioni di intelligence di potenze straniere possono giocare con algoritmi di piattaforma o aumentare artificialmente la portata di messaggi ingannevoli o dannosi.

Naturalmente, questo modello di business ha dimostrato di avere un enorme successo. Per sempre più persone, le piattaforme di ricerca e i social media non sono solo la nostra finestra su Internet; servono come la nostra principale fonte di notizie e i Salva ed esci nformazioni.

I danni della viralità

Nessuno ci dice che la finestra è sfocata, soggetta a distorsioni invisibili e manipolazioni sottili. Tutto ciò che vediamo è un flusso costante di contenuti in cui utili informazioni fattuali e innocui diversivi, o video sui gatti, scorrono accanto a bugie, teorie del complotto, scienza spazzatura, ciarlataneria, suprematisti bianchi, opuscoli razzisti, discorsi misogini. E col tempo, perdiamo la nostra capacità di distinguere tra fatti, opinioni e finzione all'ingrosso. O forse smettiamo semplicemente di preoccuparci.

E tutti noi, compresi i nostri figli, impariamo che se vuoi elevarti al di sopra della folla, al di sopra del frastuono, se vuoi essere apprezzato e condiviso, ebbene sì, diventa virali! Così, spacciare polemiche, alimentare scandali e persino diffondere odio è vantaggioso. Ora è vero, le aziende tecnologiche e le piattaforme di social media non sono gli unici distributori di informazioni tossiche. 

Cosa significa virale? | Sapere.it

In realtà, alcuni dei contenuti più scandalosi del Web provengono dai media tradizionali. Ciò che le piattaforme di social media hanno fatto, tuttavia, grazie al loro crescente dominio sul mercato e alla loro enfasi sulla velocità, è accelerare il declino dei giornali e di altre fonti di notizie tradizionali.

Ci sono ancora giornali e riviste di vaglia, per non parlare dei notiziari di rete, che si sono adattati al nuovo ambiente digitale pur mantenendo i più alti standard di integrità giornalistica. Ma poiché sempre più entrate pubblicitarie fluiscono verso le piattaforme che diffondono le notizie, ben più delle risorse che vanno alle redazioni che le riportano, editori, giornalisti, redattori, tutti sentono la pressione di massimizzare il coinvolgimento per essere competitivi.

I giornalisti iniziano a preoccuparsi: "Devo twittare qualcosa, perché se non lo faccio, potrei essere senza lavoro". Questo è l'ambiente informativo in cui viviamo ora. Non è solo il fatto che queste piattaforme – e ci sono delle eccezioni – sono state in gran parte indifferenti riguardo al tipo di informazioni disponibili e alle connessioni stabilite sui loro siti. È che nella competizione tra verità e falsità, cooperazione e conflitto, l’architettura stessa di queste piattaforme sembra portarci nella direzione sbagliata.

E stiamo vedendo i risultati. Il fatto che gli scienziati abbiano sviluppato vaccini sicuri ed efficaci in tempi record è un risultato incredibile. Eppure, nonostante il fatto che ora abbiamo essenzialmente testato clinicamente il vaccino su miliardi di persone in tutto il mondo, circa 1 americano su 5 è ancora disposto a mettersi a rischio e mettere a rischio le proprie famiglie piuttosto che farsi vaccinare. Le persone muoiono a causa della disinformazione.

La disinformazione come arma politica

Ho già accennato alle elezioni presidenziali del 2020. Lo stesso procuratore generale del presidente Trump ha affermato che il Dipartimento di Giustizia non ha scoperto prove di una diffusa frode elettorale. Una revisione delle schede elettorali nella contea più grande dell'Arizona, i cui risultati sono stati approvati da alcuni repubblicani locali piuttosto coraggiosi, perché molti di loro sono stati molestati e hanno ricevuto minacce di morte, ha registrato in realtà più voti per Biden e meno per Trump. Eppure oggi, mentre parliamo, la maggioranza dei repubblicani insiste ancora sul fatto che la vittoria del presidente Biden non era legittima. È un sacco di gente.

In Myanmar, è stato ben documentato che l'incitamento all'odio condiviso su Facebook ha avuto un ruolo nella campagna omicida contro la comunità Rohingya. Le piattaforme dei social media sono state allo stesso modo implicate nel fomentare la violenza etnica in Etiopia e l'estremismo di estrema destra in Europa.

In Brasile sono state realizzate piattaforme di social media per orientare la popolazione contro gruppi invisi al governo, che si tratti di minoranze etniche, comunità LGBTQ, giornalisti, oppositori politici. E, naturalmente, autocrati come Putin hanno utilizzato piattaforme di questo tipo come un'arma strategica contro i paesi democratici, che considerano una minaccia.

Nuove tecnologie e democrazia

Il problema è che non è necessario che le persone credano a informazioni false per indebolire le istituzioni democratiche. E’ sufficiente inondare la piazza pubblica di un paese con abbastanza liquami grezzi. Devi solo sollevare abbastanza domande, spargere abbastanza sporcizia, inventare abbastanza teorie cospiratorie che i cittadini non sappiano più in cosa credere.

Una volta che perdono fiducia nei loro leader, nei media mainstream, nelle istituzioni politiche, l'uno nell'altro, nella possibilità della verità, la partita è vinta. E come Putin ha scoperto in vista delle elezioni del 2016, le nostre piattaforme di social media sono ben progettate per veicolare un tale progetto.

I russi riuscirono a manipolare i modelli nel sistema di classificazione del coinvolgimento su Facebook o YouTube. E di conseguenza, i troll degli sponsor statali russi riuscirono a garantire che qualsiasi disinformazione diffusa avrebbe raggiunto milioni di americani. E più la narrazione diffusa era scandalistica ed estrema, più velocemente si diffondeva.

che fare?

Se questa è la situazione, in che direzione dobbiamo muoverci?

Se non facciamo nulla, sono convinto che le tendenze che stiamo vedendo peggioreranno. Le nuove tecnologie stanno già mettendo in discussione il modo in cui regoliamo la valuta, come proteggiamo i consumatori dalle frodi. E con lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, la disinformazione diventerà ancora più sofisticata. Ho già visto dimostrazioni di tecnologia deep fake che mostrano uno identico a me su uno schermo dire cose che non ho mai detto. È una strana esperienza.

Senza alcuni standard, le implicazioni di questa tecnologia, per le nostre elezioni, per il nostro sistema legale, per la nostra democrazia, per la produzione delle prove in sede penale, per il nostro intero ordine sociale sono spaventose e profonde.

Fortunatamente, sono convinto che sia possibile preservare le potenzialità progressive di Internet e la sua natura di sistema aperto, mitigando a un tempo il peggiore dei suoi effetti negativi. E credo che l’intera comunità tecnologica debba essere parte della soluzione.

L'essenza di questo luogo, ciò che ha messo la Silicon Valley sulla mappa è lo spirito di innovazione. Questo è ciò che ha portato a Internet integrato a livello globale e a tutte le sue straordinarie applicazioni. Quello che ora abbiamo imparato è che il prodotto ha alcuni difetti di progettazione. Ci sono alcuni bug nel software. Non dobbiamo lasciarlo così. Attraverso lo stesso spirito di innovazione, possiamo renderlo migliore.

Alcune premesse

Quindi voglio dare alcuni suggerimenti generali su come potrebbe essere questo lavoro di miglioramento. Ma prima di farlo, lasciate che premetta alcuni postulati, in modo da non impantanarci in discussioni logore improduttive.

Primo, le società di media, le società tecnologiche, le piattaforme di social media non hanno creato le divisioni presenti nella nostra società, qui o in altre parti del mondo. I social media non hanno creato razzismo o gruppi di suprematisti bianchi. Non hanno creato l’ etno-nazionalismo coltivato con passione da Putin. Non hanno creato sessismo, conflitto di classe, conflitto religioso, avidità, invidia, e tutti i peccati capitali. Tutte queste cose esistevano molto prima del primo tweet o di Facebook.

Risolvere il problema della disinformazione non curerà tutto ciò che affligge le nostre democrazie o lacera il tessuto del nostro mondo, ma può aiutare a ridurre le divisioni e farci ricostruire la fiducia e la solidarietà necessarie per rafforzare la nostra democrazia. 

[…]

In secondo luogo, non elimineremo tutti i contenuti offensivi o provocatori sul Web. Sarebbe sbagliato anche solo provarci. La libertà di parola è al centro di ogni società democratica. In America, questa garanzia è sancita nel Primo Emendamento alla nostra Costituzione. C'è una ragione per cui è proprio il primo,  nella Carta dei diritti.

Sono praticamente un fanatico del Primo Emendamento. Credo che nella maggior parte dei casi la risposta al cattivo discorso o ragionamento sia un buon discorso e un buon ragionamento. Credo che lo scambio di idee libero, franco, a volte antagonistico produca risultati migliori e una società più sana.

Nessun governo democratico può o dovrebbe fare ciò che, ad esempio, sta facendo la Cina, che stabilisce ciò che le persone possono e non possono dire o pubblicare e controlla ciò che all’estero si dice del suo sistema e del suo governo. E non mi sembra neppure ragionevole che ogni singolo individuo o organizzazione, privato o pubblico, debba avere il compito (e poi svolgerlo bene) di decidere chi può ascoltare cosa.

Detto questo, il Primo Emendamento è un controllo sul potere dello Stato. Non si applica a società private come Facebook o Twitter, non più di quanto non si applichi alle decisioni editoriali prese dal New York Times o da Fox News. Non lo è mai stato. Le società di social media già scelgono cosa è o non è consentito sulle loro piattaforme e come appare quel contenuto, sia in modo esplicito attraverso il contenuto stesso e la moderazione degli interventi, sia implicitamente attraverso algoritmi.

Il problema è che spesso non sappiamo quali principi governano queste decisioni. E su una questione di enorme interesse pubblico, c'è stato poco dibattito pubblico e praticamente nessun controllo democratico.

Terzo punto, tutte le regole che elaboriamo per disciplinare la distribuzione dei contenuti su Internet comporteranno giudizi di valore. Nessuno di noi è perfettamente obiettivo. Quella che oggi consideriamo verità incrollabile potrebbe rivelarsi totalmente sbagliata domani. Ma ciò non significa che alcune cose non siano più vere di altre o che non possiamo tracciare confini tra opinioni, fatti, errori onesti, inganni intenzionali.

Facciamo queste distinzioni continuamente nella nostra vita quotidiana, al lavoro, a scuola, a casa, nello sport, e possiamo fare lo stesso quando si tratta di contenuti Internet, purché concordiamo su una serie di principi e valori che ci servano come orientamento. 

I valori di riferimento per la regolazione

I criteri per valutare qualsiasi proposta che riguardi i social media e Internet sono

  • se essa rafforzi o indebolisca le prospettive di una democrazia sana e inclusiva,
  • se incoraggi un dibattito franco e il rispetto delle nostre differenze,
  • se rafforzi lo stato di diritto e autogoverno,
  • se ci aiuti a prendere decisioni collettive sulla base delle migliori informazioni disponibili
  • se riconosca i diritti, le libertà e la dignità di tutti i cittadini.

Dal lato dell’offerta

Con questo come punto di partenza, credo che dobbiamo affrontare non solo l’offerta di informazioni tossiche, ma anche la domanda. Dal lato dell'offerta, le piattaforme tecnologiche devono accettare il fatto che svolgono un ruolo unico nel modo in cui noi, in tutto il mondo, consumiamo  informazioni e che le loro decisioni hanno un impatto su ogni aspetto della società. A un così grande potere segue una grande responsabilità, e, almeno in democrazie come la nostra, la necessità di un qualche controllo pubblico. Per anni, le società di social media hanno opposto resistenza. Non sono le sole, del resto: ogni società privata tende a fare tutto ciò che vuole. Le piattaforme dei social media rivendicavano la propria neutralità,  sostenendo di non avere alcun ruolo editoriale in ciò che arrivava ai loro utenti. Per anni hanno insistito sul fatto che i contenuti che le persone vedono sui social media non hanno alcun impatto sulle loro convinzioni o comportamenti, anche se i loro modelli di business e i loro profitti si basano sul dire agli inserzionisti l'esatto opposto.

Ora, la buona notizia è che quasi tutte le grandi piattaforme tecnologiche adesso riconoscono una parte di responsabilità per i contenuti che veicolano e stanno investendo in modo cospicuo per monitorarli. Dato l'enorme volume di contenuti, questa strategia può sembrare una sfida persa in partenza. Tuttavia, parlando con le persone di queste aziende, credo che siano sincere nel cercare di limitare i contenuti che incitano all'odio, incoraggiano la violenza o rappresentano una minaccia per la sicurezza pubblica. Sono sinceramente preoccupati per questo e vogliono fare qualcosa al riguardo.

Ma se la moderazione dei contenuti può limitare la diffusione di messaggi platealmente pericolosi, il problema è tuttavia lontano dall’essere risolto. Gli utenti che vogliono diffondere disinformazione sono infatti diventati esperti nel non superare la linea del consentito fissata dalle aziende. E al di qua di quei margini, le piattaforme di social media tendono a non voler fare nulla, non solo perché non vogliono essere accusate di censura, ma soprattutto perché hanno comunque un incentivo finanziario per mantenere il maggior numero possibile di utenti coinvolti. Ancora più importante, queste aziende sono ancora troppo caute su come funzionano esattamente i loro standard o su come i loro sistemi di classificazione del coinvolgimento influenzano ciò che diventa virale e cosa no.

Ora, alcune aziende hanno compiuto il passo successivo nella gestione dei contenuti tossici, sperimentando nuovi design di prodotti che, per fare un esempio, aggiungono attrito per rallentare la diffusione di contenuti potenzialmente dannosi. Questo tipo di innovazione è un passo nella giusta direzione. Penso tuttavia che decisioni come questa non dovrebbero essere lasciate solo a interessi privati. Poiché queste decisioni riguardano tutti noi, è necessario che le grandi piattaforme social siano soggette a un certo livello di supervisione e regolamentazione pubblica, proprio come accade per ogni altro settore di grande impatto sociale.

Innovazione e regolazione sono alternative?

Regolamentazione e innovazione non si escludono a vicenda. Negli Stati Uniti, abbiamo una lunga storia nella regolamentazione delle nuove tecnologie in nome della sicurezza pubblica, dalle automobili agli aerei, dai farmaci da ricetta agli elettrodomestici. E mentre le aziende inizialmente si lamentano sempre del fatto che le regole soffocheranno l'innovazione e distruggeranno l'industria, la verità è che un buon contesto normativo di solito finisce per stimolare l'innovazione, perché alza il livello della sicurezza e della qualità.

E proprio l'innovazione può raggiungere quel livello più alto. E se i consumatori si fidano che la nuova tecnologia stia funzionando bene e sia sicura, è più probabile che la utilizzino. E se adeguatamente strutturata, la regolamentazione può altresì promuovere la concorrenza e impedire agli operatori storici di escludere nuovi soggetti innovativi.

Cybersecurity, i grandi maestri della sicurezza in Italia

Un'architettura normativa intelligente deve essere congrua alla situazione, progettata consultando le aziende tecnologiche, gli esperti e le comunità interessate. In alcuni casi, gli standard del settore possono sovrapporsi o sostituire la regolamentazione, ma la regolamentazione deve essere parte della risposta.

Oltre a ciò, le aziende tecnologiche devono essere più trasparenti su come operano. Gran parte del dibattito sulla disinformazione si concentra su ciò che le persone pubblicano. Ma il problema maggiore è quali contenuti queste piattaforme promuovono, rilanciandoli in automatico. Gli algoritmi si sono evoluti al punto che nessuno all'esterno di queste aziende può prevedere con precisione cosa faranno, a meno di possedere competenze raffinatissime e di passare molto tempo a studiare. E a volte, anche chi li costruisce non ne conosce gli sviluppi fino in fondo. Questo è un problema.

Controllo pubblico e tutela della proprietà intellettuale

In una democrazia, possiamo giustamente aspettarci che le aziende sottopongano la progettazione dei loro prodotti e servizi a un certo livello di controllo. Come minimo, dovrebbero condividere tali informazioni con i ricercatori e le autorità di regolamentazione, che assicurano per il resto la riservatezza delle informazioni ottenute.

Questo può sembrare uno strano esempio e mi perdonino i vegani, ma se un'azienda di confezionamento della carne ha una tecnica proprietaria per mantenere i nostri hot dog freschi e puliti, non deve rivelare al mondo qual è quella tecnica. Devono dirlo all'ispettore della carne.

Diritto della proprietà intellettuale | Attività | MN TAX & LEGAL

Allo stesso modo, le aziende tecnologiche dovrebbero essere in grado di proteggere la loro proprietà intellettuale pur seguendo determinati standard di sicurezza che noi, come Paese, non solo loro, abbiamo convenuto essere necessari per il bene collettivo. E abbiamo visto come ciò sia possibile nel Platform Accountability and Transparency Act proposto da un gruppo bipartisan (e non succede spesso) di senatori qui negli Stati Uniti. E l'abbiamo anche visto in Europa nell'ambito del Digital Services Act dell'Unione Europea.

Ancora una volta, non ci aspettiamo che le aziende tecnologiche risolvano da sole tutti questi problemi. 

Ci aspettiamo che queste aziende assumano come centrale nel loro operato l'importanza delle istituzioni democratiche, e lavorino per trovare la giusta combinazione di regolamentazione e standard di settore in vista di un rafforzamento della democrazia stessa. E poiché le aziende ormai riconoscono la relazione spesso pericolosa tra social media, nazionalismo estremista, contenuti di odio, devono impegnarsi soprattutto nei confronti della parte più esposta della popolazione - le minoranze, i gruppi etnici e religiosi, ovunque operino e vivano - per mettere in atto migliori garanzie di protezione.

Dal lato della domanda, una questione di consapevolezza

Questo dal lato dell'offerta. Veniamo al lato della domanda.

Non sto suggerendo che tutti noi dobbiamo passare le nostre giornate a leggere opinioni con cui non siamo d'accordo o a cercare storie dei media che fondamentalmente non condividono i nostri valori, ma è comunque possibile ampliare le nostre prospettive.

Di recente è uscito uno studio interessante. Alcuni ricercatori hanno pagato un folto gruppo di regolari osservatori di FOX News per guardare la CNN per quasi un mese. E questi non erano elettori oscillanti, erano irriducibili

E ciò che i ricercatori hanno scoperto è che, alla fine del mese, le opinioni delle persone su determinate questioni, ad esempio se il voto per corrispondenza dovrebbe essere consentito o se l'elezione di Joe Biden porterà a più violenze contro la polizia, su alcune di queste questioni, le loro opinioni sono cambiate di cinque, otto, 10 punti. Queste persone non si sono improvvisamente trasformate in liberali.  Ma su singole questioni, avevano rimodellato i loro punti di vista in modo significativo.

Studi come questo mostrano che le nostre opinioni non sono fisse, e ciò significa che nemmeno le nostre divisioni sono fisse se possiamo concordare su una cornice comune di riferimento, quando discutiamo, e sulla possibilità di ridurre le distanze che ci dividono.

Come cittadini, dobbiamo assumerci la responsabilità di diventare consumatori migliori di notizie, guardando le fonti, pensando prima di condividere e insegnando ai nostri ragazzi a diventare pensatori critici che sanno come valutare le fonti e separare l'opinione dai fatti. In effetti, un certo numero di distretti scolastici in tutto il paese sta lavorando per formare i bambini a questo tipo di alfabetizzazione mediatica online, non attorno a una particolare prospettiva ideologica, ma solo su come controllare una fonte. 

Parte di questo progetto richiede anche di trovare modi creativi per ridare autorevolezza al giornalismo di qualità, compreso il giornalismo locale.

[…]

Una prospettiva internazionale…

Infine, è importante rafforzare queste norme e valori su scala internazionale. Internet è integrato a livello globale. C'è del valore in questo, ma significa che mentre pensiamo a fissare regole, dobbiamo coinvolgere il resto del mondo.

Paesi come la Cina e la Russia hanno già cercato di dipingere la democrazia come impraticabile e l'autoritarismo come unica via per l'ordine. La Cina ha costruito un grande firewall attorno a Internet, trasformandolo in un veicolo per l'indottrinamento e la sorveglianza nel paese. E ora stanno esportando alcune di quelle stesse tecnologie, quelle stesse con design di prodotto simili in altri paesi.

In Russia, Putin ha armato l'etnonazionalismo attraverso la disinformazione, conducendo campagne di odio contro gli oppositori interni, delegittimando la stessa democrazia. E, naturalmente, ha intensificato tali sforzi come parte della sua guerra in Ucraina.

In quanto democrazia leader nel mondo, dobbiamo dare un esempio migliore. Dovremmo essere in testa a queste discussioni a livello internazionale, non nelle retrovie. In questo momento, l'Europa sta procedendo con alcune delle leggi più radicali che regolano gli abusi che si vedono nelle grandi aziende tecnologiche. E il loro approccio potrebbe non essere esattamente giusto per gli Stati Uniti, ma indica la necessità di coordinarci con le altre democrazie.

Dobbiamo trovare la nostra voce in questo dibattito globale, come già abbiamo fatto in passato. Dopo la seconda guerra mondiale, avendo visto come i mass media e la propaganda avevano alimentato le fiamme dell'odio, abbiamo creato una cornice che avrebbe assicurato al nostro sistema di informazione di essere compatibile con la democrazia. Abbiamo richiesto una certa quantità di programmi educativi per i bambini, le redazioni hanno cambiato le pratiche per massimizzare la precisione.

Il compito che abbiamo di fronte ora è più difficile. Non possiamo tornare a come erano le cose con tre stazioni televisive e giornali in ogni grande città, non solo per la proliferazione dei contenuti, ma perché ora questi contenuti possono spostarsi in tutto il mondo in un istante. E sì, le nostre società oggi sono molto più polarizzate di quanto non fossero negli anni '50 e '60 subito dopo la guerra. E sì, il progresso richiede compromessi e scelte difficili, e non lo faremo tutto in una volta. Ma è così che funziona la democrazia.

[…]

… e un impegno individuale

Ognuno di noi, sia che lavoriamo in un'azienda tecnologica o siamo semplici utilizzatori dei social media, sia che siamo genitori, legislatori, inserzionisti su una piattaforma web, deve scegliere da che parte stare e deve farlo ora. Permettiamo alla nostra democrazia di appassire o la miglioriamo? Questa è la scelta che dobbiamo affrontare.

Nuove tecnologie e democrazia

Agli albori di Internet e dei social media, è stato entusiasmante trovare nuovi modi per connettersi, organizzarsi e tenersi informati. C'era così tanta aspettativa. Lo so, c'ero. E ora invece, proprio come la politica stessa, proprio come la nostra vita pubblica, i social media hanno un volto cupo. Siamo diventati fatalisti riguardo al flusso costante di bile e vetriolo che c'è lì, ma non deve essere così. In effetti, se vogliamo avere successo, non può essere così.

Tutti noi abbiamo l'opportunità di fare ciò che l'America ha sempre fatto al meglio, ovvero riconoscere che anche quando il codice sorgente funziona, lo status quo non lo è e possiamo costruire qualcosa di meglio insieme. Questa è un'opportunità. È un'opportunità che dovremmo accogliere favorevolmente che i governi si assumano un problema grande e importante e dimostrino che democrazia e innovazione possono coesistere. È un'opportunità per le aziende di fare la cosa giusta. 

È un'opportunità per i dipendenti di quelle aziende di spingerli a fare la cosa giusta, perché hanno visto cosa c'è là fuori e vogliono sentirsi meglio. 

È un'opportunità per tutti noi di lottare per la verità, non la verità assoluta, non una verità fissa, ma di combattere per ciò che, in fondo, sappiamo essere più vero e giusto. È un'opportunità per noi di farlo non solo perché abbiamo paura di ciò che accadrà se non lo facciamo, ma perché siamo fiduciosi su ciò che può accadere se lo facciamo.

[…]

Alla fine della giornata, gli strumenti non ci controllano. Li controlliamo e possiamo rifarli. Sta a ciascuno di noi decidere cosa conta davvero e quindi utilizzare gli strumenti che ci sono stati dati per far avanzare quei valori. E credo che dovremmo usare ogni strumento a nostra disposizione per garantire il nostro dono più grande, un governo di e per il popolo. E per le generazioni a venire.