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La questione demografica

La questione demografica

da Massimo Livi Bacci | 8 Apr 2020 | crisi demografica, evidenza, OWD, popolazione

la questione demografica
La questione demografica. Esiste una “questione demografica” nel nostro Paese? Una “questione”, ovvero una situazione di fatto, di natura strutturale, che rappresenta un peso, un ostacolo, un impedimento al buon funzionamento della società? Una situazione che vorremmo cambiare, ma non sappiamo come fare, o non troviamo le risorse per farlo? Una questione della portata della “questione meridionale”, quel divario che un secolo e mezzo di sviluppo e di governo unitario non hanno scalfito? Una questione come quella della fragilità idro-geologica del nostro territorio, e delle scarse difese messe in campo per contrastarla? La risposta, chiara e netta è: 

sì, la “questione demografica” esiste

ma il paese - cioè coloro che hanno responsabilità di leadership nella cultura, nella politica, nell’economia, nelle istituzioni e nella società in genere e che, in definitiva, indirizzano l’opinione pubblica - sembrano non accorgersene o preoccuparsene. 

Civitas mette a disposizione dei suoi lettori alcuni schemi di lezione sugli aspetti principali trattati (vedi Elenco Lezioni); sono schemi in PowerPoint che possono essere scaricati e modificati a piacere, alcune volte lo schema di lezione è consultabile direttamente sul sito (La questione demografica)

La questione demograficaslide show

Si ritiene che la questione, come governata da una misteriosa “mano invisibile”, si risolverà da sola; oppure, che le cause della questione demografica siano troppo complesse per tentare di cambiarli; oppure che essa, in definitiva, non generi costi sociali eccessivi e possa addirittura generare benefici. 

Lo scopo delle righe che seguono è triplice. Premessa una sintesi delle caratteristiche della demografia italiana, cercherò, in primo luogo, di delinearne, le implicazioni per il paese. Affronteremo poi le politiche possibili, i loro costi e l’incertezza circa i loro risultati. Chiuderemo con qualche riflessione sopra le condizioni necessarie per attuare le politiche più opportune per invertire il corso delle cose, o per limitarne le conseguenze negative.

La questione demografica

il quadro numerico della questione demografica

Al cuore della questione demografica dell’Italia – come di molti altri paesi avanzati – sta l’incapacità della società di assicurare per via biologica, cioè mediante le nascite, il proprio rinnovo o ricambio. Le generazioni dei nuovi nati non sostituiscono, o non rimpiazzano (numericamente), quelle dei loro genitori che, a loro volta, non rimpiazzano quelle dei propri genitori, nonni dei nuovi nati. E c’è un’alta probabilità che anche la generazione dei pochi nati attuali, possa non essere rimpiazzata, in futuro, dai propri figli.

 

Al picco della ripresa del dopoguerra ( anni sessanta), nel 1964, le nascite superarono il milione, ma nel mezzo secolo successivo il declino numerico è stato continuo e rapido. Infatti, le nascite sono scese sotto il mezzo milione nel 2015 e sotto 450mila nel 2019, nonostante il rilevante apporto dei nati da genitori stranieri. Bisogna risalire al XVI secolo, quando l’Italia aveva un quarto della popolazione attuale, per trovare un analogo numero di nascite.

negli anni '60 nasceva 1 milione di bambini ogni anno,  oggi meno della metà

La questione demograficaDa trent'anni il numero medio di figli per donna galleggia tra 1,2 e 1,4: tra il 30 e il 40 per cento in meno di quel 2 figli per donna (più una frazione che trascuro per brevità) che assicura il rimpiazzo numerico tra generazioni dei padri e generazione dei figli, quel 2 che è poi una media tra gli esiti riproduttivi delle donne (e degli uomini) che non hanno figli o ne hanno uno solo, quelli di una maggioranza che ne ha due, e di una minoranza che ne ha tre o più. La diminuzione delle nascite avvenuta negli scorsi decenni sta traducendosi nella graduale diminuzione delle donne (e dei loro partner) in età riproduttiva: nel 2000, tra i 20 e i 45 anni, c’erano 10,5 milioni di donne, oggi ce ne sono 7,6 milioni, e ce ne saranno appena 6,2 milioni nel 2040, qualora si arrestasse l’immigrazione.

negli ultimi 50 anni la durata della vita media è aumentata di dieci anni, quasi due mesi e mezzo in più per ogni anno di calendario

La maggioranza dei nati nell'ultimo decennio vedrà l’inizio del XXII secolo, perché la speranza di vita ha toccato gli 85 anni tra le donne, e gli uomini hanno superato gli 80, e ulteriori progressi sono ragionevolmente attesi. Dall'inizio degli anni ’70, la longevità è cresciuta di dieci anni, con un “guadagno” medio di due mesi e mezzo di vita al trascorrere di ogni anno di calendario, ed è destinata a crescere ancora, sempre che non si demolisca il sistema sanitario universalistico del quale il paese si è fortunatamente dotato.

quanto a lungo questa rincorsa possa durare è argomento di discussione,
ma per ora non ci sono segnali di un cambio di tendenza

La combinazione di bassa natalità e alta sopravvivenza si traduce in una popolazione con pochi giovani e molti vecchi: nel 2019, le donne di 84 anni sono più numerose delle bambine di un anno, che potrebbero essere le loro bisnipoti. Cresce, nella popolazione, la proporzione degli anziani, dei vecchi e dei centenari, un fenomeno che chiamiamo “invecchiamento” demografico. E poiché gli anziani crescono di numero, cresce anche il numero dei decessi (nonostante che si campi più a lungo) e questi superano nettamente il numero dei nati: nel 2019 lo sbilancio ha raggiunto il record di 210mila unità, mentre fino a trent'anni fa, pur già in regime di natalità molto bassa, le nascite superavano abbondantemente le morti.

nel 2019 più donne di 84 anni che bambine di 1 anno… bisnonne più numerose delle neonate

Va detto anche che l’immigrazione ha tamponato il declino demografico: tra il 2002 e il 2019, gli iscritti nelle anagrafi provenienti dall'estero, hanno superato i cancellati dalle stesse anagrafi, per trasferimento all'estero, di circa 4 milioni di persone. In conseguenza, la popolazione residente, tra le due date, è cresciuta da 57 a 60,3 milioni. Ma nemmeno l’immigrazione è oggi sufficiente a mantenere l’equilibrio demografico e la popolazione, negli ultimi quattro anni, è diminuita di circa 400mila unità.

Completiamo questa sintesi con uno sguardo al futuro, ricorrendo alle aggiornate previsioni dell’Istat spingendoci al 2040, un ventennio da oggi. Un orizzonte prossimo per la demografia, anche se remoto per chi ha lo sguardo fisso sul presente. Ebbene, queste previsioni incorporano un certo aumento della riproduttività, un sensibile aumento della longevità, e un saldo migratorio con l’estero che, seppure inferiore a quello del primo quindicennio del millennio, è previsto assai cospicuo.

Pur con questi parametri relativamente ottimistici, la popolazione totale diminuirebbe di 1,1 milioni (da 60,4 a 59,3 milioni). Trascurabile, questo milione, se non fosse per il fatto che è la somma algebrica di un segno meno per la già esigua popolazione sotto i 20 anni (-1,6 milioni); di un altro segno meno per quella in età attiva tra i 20 e i 70 anni (- 4 milioni) e di un segno più per gli anziani con oltre 70 anni (+4,7 milioni), già oggi molto numerosi. Questo produrrà una ulteriore forte distorsione a favore della popolazione anziana, pur in presenza di un guadagno netto migratorio tra le 160.000 e le 180.000 unità all’anno.

Ma se l’obbiettivo di “migrazione zero” auspicato (a parole) da molte forze politiche si realizzasse,

la popolazione scenderebbe di 6 milioni 

somma algebrica di meno 11 milioni per i minori di 70 anni, e di un aumento di quasi 5 milioni per i maggiori di tale età. E, infine, questo avvitamento negativo, se non interrotto, aggraverebbe enormemente la situazione nei decenni successivi, rendendo “insostenibili” i livelli di benessere raggiunti.

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Il mezzogiorno si desertifica: molti giovani partono, poche nascite, pochi immigrati

Questo è il quadro “macro”, che va integrato con una ulteriore nota – di natura territoriale – ma che si riflette sul sistema-paese. Qualche anno addietro (2014), la SVIMEZ aveva avvertito del rischio di “desertificazione umana” del Mezzogiorno, conseguenza della debolissima natalità – oramai più bassa che nel resto del paese - dell’eccesso dei decessi sulle nascite, e della continua emigrazione verso le altre regioni di giovani relativamente istruiti, non compensato dalla componente migratoria internazionale. Questi fenomeni hanno continuato il loro corso, aggravandosi, negli ultimi anni. La conseguenza “netta” è la perdita di peso – demografico oltreché economico - nel  nel contesto nazionale, e questo accentua il dualismo del paese, e si configura come una “questione demografica” regionale all'interno della “questione” nazionale.

demografia, migrazioni e sviluppo del paese

Si è visto che nel caso di assenza di immigrazione il forte depauperamento della popolazione in età attiva continuerebbe per molti anni. Il paese continuerà ad esprimere una forte domanda di lavoro immigrato, che non è venuta meno nemmeno nei periodi di crisi.  E’ scontato che l’azione di governo dell’immigrazione debba svolgersi nel pieno rispetto della dignità, dei diritti e delle libertà delle persone, delle regole di convivenza affermate dalla nostra Carta Costituzionale e dei principi contenuti nelle Convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese. E poiché la migrazione deve sostenere la crescita della società, mantenendone la coesione,  è giusto che vengano privilegiati flussi migratori “utili”, orientati a sostenere lo sviluppo culturale e sociale, oltre quello economico, evitando il depauperamento di quelle risorse umane (tecnici, professionisti) che sono scarse ma vitali nei paesi di origine. Ciò implica, evidentemente, scelta e selezione, con criteri  trasparenti ed espliciti, bene accetti alla collettività, e scevri da discriminazioni basate sull'etnia, il genere,  la religione, le preferenze politiche, gli orientamenti sessuali.  Ciò richiede investimenti e azioni che rendano possibile la piena integrazione sociale e culturale degli immigrati, e ne facilitino il loro radicamento.

Una politica così orientata è tanto più accettabile in quanto coesista con una generosa politica dell’asilo e della protezione umanitaria, che per sua natura non può procedere a scelte o selezioni, ma deve essere garantita a tutti coloro che ne hanno diritto.

governare l’immigrazione, investire sull'integrazione, favorire il radicamento

Assai più difficile è intervenire sulla curva delle nascite. Esistono molteplici esperienze di politiche di sostegno alla riproduzione in altri paesi, ma con risultati incerti da interpretare e difficilmente trasferibili in contesti sociali diversi.  Tutte tendono a rendere meno oneroso l’allevamento della prole, ma questo può avvenire per vie diverse che vanno dal sostegno al reddito familiare – premi di natalità, assegni familiari, prestiti agevolati - al miglioramento dei servizi disponibili (nidi, asili, scuola ). Nel caso italiano, e in estrema sintesi, alcune linee d’intervento appaiono chiare.

In primo luogo: più donne al lavoro. Mettere figli al mondo implica un certo grado di sicurezza economica, che  spesso si realizza quando esiste più di una fonte di reddito. Questa condizione si avvera quando anche la donna ha un lavoro. Perché questo avvenga su larga scala è essenziale che operino efficienti politiche di “conciliazione” tra attività domestiche e di cura e attività lavorativa. In Europa, esiste una relazione diretta tra lavoro femminile e natalità: i paesi con natalità più alta (o, meglio, meno bassa, come la Francia e alcuni paesi del nord Europa) sono quelli nei quali maggiore è la presenza femminile nel mercato del lavoro.

la questione demografica

In secondo luogo, occorre accelerare il percorso verso l’autonomia dei giovani che oggi dipendono troppo a lungo dalla famiglia, entrano tardi nel mercato del lavoro e prendono molto tardi le loro decisioni riproduttive, che sono quindi orientate verso il basso.

In terzo luogo, occorre contrastare la fortissima disparità di genere, a danno della donna, nel lavoro domestico, di allevamento e di cura . Questo iniquo aggravio è causa non secondaria della bassa presenza femminile nel mercato del lavoro, e di scelte riproduttive che molto spesso si riducono al figlio unico.

Si può argomentare che anche i sostegni al reddito familiare diminuiscono il costo dei figli, esercitando una spinta positiva alla natalità: ma per incidere sulle decisioni riproduttive dovrebbero essere trasferimenti significativi, molto onerosi per il bilancio pubblico e quindi di problematica attuazione. In sintesi:

per aver più nascite occorrono più donne al lavoro, maggiore e meno tardiva autonomia dei giovani, minori asimmetrie di genere.

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un dato aggiornato sulla popolazione in Italia: sotto i 59 milioni

La terza infografica è dedicata alla popolazione e alle famiglie residenti nel nostro Paese.
Al 1 gennaio 2022 in Italia risiedono 58.983.122 persone, il 48,7% sono uomini, il 51,3% sono donne e l’8,8% sono persone con cittadinanza straniera. L’età media della nostra popolazione è di 46,2 anni e la suddivisione per classi di età ci dice che:

  • il 12,7% delle persone ha tra 0 e 14 anni
  • il 63,5% delle persone ha tra 15 e 64 anni
  • il 23,8% delle persone ha dai 65 anni in su e 20.159 persone hanno 100 anni e più

Sulla struttura per età della nostra popolazione incidono due indicatori molto importanti, come la speranza di
vita alla nascita, oggi di 84,7 anni per le donne e di 80,1 anni per gli uomini, e il numero medio di figli per donna, oggi pari a 1,25. L’età media della madre al parto si attesta a 32,4 anni e quella del padre alla nascita del primo figlio a 35,5
anni (scarica l'infografica dell'Istat)

e la Popolazione del pianeta?

Sulla rete si trovano molti dati attendibili su questo aspetto, noi vi consigliamo, senza nulla togliere agli altri, La demografia globale sul portale Italia in Dati. Qui ci limitiamo a riportare alcune delle conclusioni prospettiche.

► Sono occorsi decine di migliaia di anni per superare il primo miliardo di abitanti (1804); 120 anni per raggiungere il secondo miliardo (1927); 12 anni per passare dal sesto (1999) al settimo miliardo (2011). Attualmente (2022) il mondo è popolato da circa 8,0 miliardi di persone.  (vedi Neodemos)
► Per la prima volta nella storia, a fine 2018, gli over 65 hanno superato, a livello globale, i bambini sotto i 5 anni. L’aspettativa globale di vita alla nascita ha raggiunto 73 anni nel 2019.
► Nel 2100 circa, la popolazione mondiale si assesterà intorno ai 10,9 miliardi. I Paesi a reddito basso saranno quelli che registreranno un’impennata demografica maggiore, quelli africani in primis.
India, Cina, Nigeria, USA, Pakistan, Congo, Indonesia, Etiopia, Tanzania e Egitto saranno, in quest’ordine, i Paesi più popolosi nel 2100. Tutti i principali Paesi UE per popolazione perderanno una quota di residenti, compresa l’Italia. La popolazione italiana nel 2100 sarà probabilmente composta da circa 40 milioni di residenti, 20 milioni in meno di quelli attuali.

La questione demografica

tratto da Neodemos - 15 luglio 2022 - Stefano Mazzuco - Le nuove previsioni delle Nazioni Unite 

La questione demograficaLa nuova revisione delle previsioni demografiche delle Nazioni Unite prefigurano un aumento della popolazione mondiale più lento e, soprattutto, si vede per la prima volta una possibile discesa della numerosità degli abitanti. Come ci spiega Stefano Mazzuco, più che dalla pandemia (considerata come una parentesi) questo dipende dal recente calo della fecondità che ha suggerito qualche correzione al ribasso del suo andamento a lungo termine. Le previsioni della popolazione mondiale sono sempre al centro del dibattito scientifico e politico. Due anni fa le nuove previsioni elaborate dall’Insitute for Health Metrics and Evaluation avevano suscitato scalpore e critiche in quanto molto al ribasso rispetto a quelle prodotte dalle Nazioni Unite nel 2019 (La guerra delle previsioni – Neodemos 2020). Recentemente, l’ISTAT ha aggiornato al ribasso (Le nuove previsione della popolazione italiana, un adeguamento al ribasso – Neodemos 2021) le precedenti previsioni del 2018. Ora anche le Nazioni Unite hanno pubblicato la revisione delle proprie previsioni (un anno dopo rispetto a quanto pianificato) con un adeguamento al ribasso delle precedenti. (leggi l'intero articolo su Neodemos)


Onu, popolazione mondiale supera gli 8 miliardi di persone

15 novembre 2022 - IlSole 24Ore
Si arriverà a 9 miliardi nel 2037. Una «pietra miliare» nella storia dell’umanità che presenta sfide soprattutto per i paesi più poveri.

La popolazione mondiale si prepara a superare, il 15 novembre 2022, il traguardo degli 8 miliardi di abitanti. Lo rivela una stima dell’Onu, parlando di «una importante pietra miliare nello sviluppo umano» e di un monito, nel pieno della COP27 , della «nostra responsabilità condivisa di prenderci cura del nostro pianeta». Per l’Onu, la «crescita senza precedenti» è il risultato di «un graduale aumento della durata della vita grazie ai progressi della sanità pubblica, dell’alimentazione, dell’igiene e della medicina», ma anche degli «elevati livelli dij fertilità di alcuni paesi».

Nel 1950 la popolazione globale si attestava sui 2,5 miliardi di persone, lievitando a circa 7 miliardi nel 2010. Sono bastati 12 anni per crescere a 8 miliardi e ora l’Onu stima che ne serviranno altri 15 per raggiungere i 9 miliardi nel 2037. «Un segnale - scrivono le Nazioni unite in una nota - che il tasso di crescita della popolazione sta rallentando». (continua a leggere)

 

GRAFICI

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saldo naturale e saldo migratorio estero, Italia. Anni 2008-2018, (in migliaia)

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aspettativa di vita alla nascita per regione (MASCHI)

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aspettativa di vita alla nascita per regione (FEMMINE)

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iscritti dall'estero

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cancellati per l'estero

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La questione demograficaAggiornamenti
a cura della redazione di Civitas

L'andamento della popolazione in Italia, il progressivo invecchiamento sono destinati a subire una progressiva accelerazione dovuta al diffondersi della pandemia da Covid-19, questo tendenza (negativa) sembra oramai caratterizzare altri paesi dell'Europa; nel seguito vi terremo aggiornati ricorrendo a quanto appare sulla stampa italiana.


Istat, speranza di vita: aumenta il divario Nord-Sud

3 ottobre 2022 - Il Fatto Quotidiano
Cresce il divario tra Nord e Sud in termini di aspettativa di vita. In Italia la speranza di vita alla nascita nel 2021 era, in media, di 82,4 anni (80,1 per gli uomini e 84,7 anni per le donne) ma il dato medio nazionale nasconde profonde differenze territoriali. Nel Sud la speranza di vita è di circa 1 anno e 7 mesi in meno rispetto al Nord. E’ quanto viene fuori dal Report Istat “Misure del Benessere equo e sostenibile dei territori“. Dall’indagine dell”Istituto nazionale di statistica si registra il dato positivo delle regioni settentrionali che, dopo la caduta del primo periodo della pandemia, vedono crescere la speranza di vita tra il 2020 e il 2021, che si attesta a 82,9 anni. Di contro, però, continua a diminuire nel Sud dove si ferma a 81,3 anni. (continua a leggere)


Arriva lo «Ius scholae»: cittadinanza ai minori stranieri dopo 5 anni di scuola in Italia

3 marzo 2022 - Il Sole 24Ore 
Si chiama “ius scholae” e funzionerà così: «Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia» e che «abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici» o percorsi di istruzione e formazione professionale «acquista la cittadinanza italiana». A prevederlo è il testo unificato della riforma della cittadinanza presentato in Commissicone Affari costituzionali dal presidente dell’organismo e relatore Giuseppe Brescia (M5s). Si toglie dal tavolo il tema dello “ius soli” che finora ha diviso il Parlamento. (continua a leggere)


Nel 2020 popolazione italiana calata di oltre 400mila unità. Colpito soprattutto il Sud

9 dicembre 2021 - Il Sole 24Ore - Carlo Marroni

Aumenta anche la vita media degli italiani. Il Covid ha incrementato la recessione demografica. 

Un calo di oltre 400mila residenti: esattamente 405.275. In un anno. Così è stato nel 2020, anno orribile della pandemia. Al 31 dicembre 2020, data di riferimento della terza edizione del Censimento permanente, la popolazione in Italia contava 59.236.213 residenti, in calo dello 0,7% rispetto al 2019. A livello di ripartizione geografica, il saldo dovuto all'aggiustamento statistico censuario è positivo al Centro-nord e negativo nel Mezzogiorno; in particolare, nell'Italia Centrale sono state conteggiate come abitualmente dimoranti quasi 30 mila unità in più rispetto alla popolazione calcolata, e 20 mila unità in più nell'Italia Nord Occidentale, mentre nel Mezzogiorno oltre 97 mila in meno. L'Istat comunica che gli stranieri censiti sono 5.171.894; l'incidenza sulla popolazione totale si attesta a 8,7 stranieri ogni 100 censiti. (continua a leggere)


Con 400mila nascite l'anno siamo un Paese da 30 milioni di abitanti

26 settembre 2021 - Ansa

La questione demograficaIl sistema politico e quello economico devono muoversi per tempo, altrimenti la prospettiva per l'Italia non è solo l'invecchiamento generale della popolazione, di cui si parla tantissimo ma alla fine sembra che non sia una vera emergenza, ma anche un serio rischio per la nostra economia. A dirlo, in una conversazione con Il Sole24Ore, il presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo.  Secondo Blangiardo, "con il passare del tempo la popolazione perde la sua fisionomia iniziale: stante l'aspettativa di vita alla nascita di circa 80 anni, 400mila nascite sono compatibili con una popolazione che nel lungo periodo si ferma a poco più di 30 milioni, non di 59 come è adesso". (continua a leggere)


Nel 2020 in Italia ci sono stati 400 mila nati in meno 

14 maggio 2021 - AGI - Paolo Tripaldi

E quest'anno caleranno ancora. Il presidente dell'Istat Blangiardo agli Stati Generali della Natalità ha spiegato che senza interventi si arriverà a 350 mila nati nel 2050 con conseguenze per il sistema pensionistico e della sanità.  Il calo della natalità in Italia è un fenomeno che va avanti dal secondo dopoguerra e che è arrivato nel 2020 a registrare 404 mila nati con una stima per il 2021 che diminuisce ancora fino alle 384 mila unità. L’analisi è stata illustrata dal presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, nel corso degli Stati Generali della Natalità che si sono svolti a Roma alla presenza di Papa Francesco e del presidente del Consiglio Mario DraghiPer il presidente dell’Istat senza adeguati interventi capaci di contrastarne le cause, il costante calo della natalità è destinato a persistere anche quando si saranno esauriti gli effetti negativi della pandemia. Lo scenario inquietante per il nostro Paese ipotizza “attorno alla metà del secolo la possibilità di scendere anche sotto i 350.000 nati annui”. Prospettiva che creerebbe seri conseguenze sul piano pensionistico e sulla possibilità di garantire un efficiente sistema sanitario per tutta la popolazione. (continua a leggere)


Covid affossa la natalità in Europa

16 marzo 2021 - HuffPost - Mario De Curtis Ordinario di Pediatria alla Sapienza-Università di Roma

Sarà fondamentale nei prossimi anni il contributo degli immigrati. Senza di loro la nostra piramide demografica sarà ancora più squilibrata. Un articolo pubblicato sul Financial Times dell’11 marzo scorso dal titolo Pandemic blamed for falling birth rates across much of Europe ripropone il problema della denatalità che si sta accentuando in molti paesi europei durante questo periodo di pandemia da Covid-19. In Francia, che è uno dei 27 paesi europei con il più elevato indice di fecondità (numero di bambini per donna in età fertile, cioè per convenzione tra 14 e 49 anni), l’Istituto nazionale di statistica, ha registrato nel mese di gennaio 2021, nove mesi dopo il primo lockdown, la nascita di 53.900 bambini, il 13 per cento di meno di quelli nati nel gennaio 2020. In tutto il 2020 sono nati in Francia 735 mila bambini, il più basso livello dalla fine della seconda guerra mondiale ... (continua a leggere)


"Tanti morti come nel '44, culle vuote, pochi migranti". 

15 dicembre 2020 - HuffPost - Giulia Belardelli

Massimo Livi Bacci in un intervista ad HuffPost: “Il 2020 passerà alla storia come l’anno di una super mortalità eccezionale dovuta alla pandemia".

“Il 2020 passerà alla storia come l’anno di una super mortalità eccezionale dovuta alla pandemia di Covid-19, che è stata letale soprattutto per le persone anziane. Il superamento di quel confine che non si raggiungeva dal ’44 – più di 700mila morti totali in un anno - è il frutto di un’epidemia che dura da nove mesi e ha avuto un impatto ben più severo rispetto alle ondate influenzali dei decenni passati”. Massimo Livi Bacci, professore di demografia all’Università di Firenze, commenta con HuffPost le parole del presidente dell’Istat Carlo Blangiardo sulle previsioni dei decessi 2020. Punto di partenza per una riflessione in cui la demografia soppesa le molte ferite del Covid sull’Italia, dalle culle vuote al calo dell’immigrazione. (continua a leggere)


Lo sapevate che?

23 febbraio 2021 - Neodemos - Stefano Mazzuco
In Italia, la speranza di vita a fine 2020 sarà più bassa di circa 1 anni e 3 mesi. Tuttavia, in certe zone si arriverà ad un calo superiore ai 5 anni. Si tratta di valori previsti per ogni provincia al 31 dicembre 2020 basate sul numero di decessi giornalieri per comune sesso ed età rilasciati dall’ISTAT (attualmente aggiornati al 30 novembre 2020) e assumendo a dicembre 2020 i livelli di mortalità siano rimasti sul livello del 2019. Il grafico costituisce un aggiornamento di quello già pubblicato su Neodemos lo scorso Novembre. Quando verranno aggiornati anche i dati di dicembre, è lecito aspettarsi un calo della speranza di vita ancora maggiore.

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