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La condizione lavorativa degli stranieri

La condizione lavorativa degli stranieri

da Giovanna Fullin | 19 Nov 2023 | lavoro, migranti

La condizione lavorativa degli stranieri
L’articolo su la condizione lavorativa degli stranieri è per gran parte una sintesi dei due interventi che si sono concretizzati in altrettanti video riportati nel  portale della didattica di Civitas; ci riferiamo principalmente all’intervento di Giovanna Fullin Migranti e lavoro in Italia e in parte a quello di Asher Colombo Integrazione; in diversi passaggi, infatti, Fullin richiama alcune affermazioni espresse da Colombo; i due video sono, per l’appunto disponibili, nel kit Migrazioni e Migranti (rispettivamente nelle sezioni  Intersezioni e Definizioni) ma per comodità di lettura verranno riportati anche in calce all’articolo.

 

 

Come ha sottolineato Asher Colombo in un video precedente, quando si parla di integrazione degli immigrati si guarda a 3 dimensioni diverse. L’integrazione economica, sociale e culturale. L’inserimento nel mercato del lavoro rappresenta un canale fondamentale di integrazione economica perché il lavoro è per molti la principale fonte di reddito.

Ma il lavoro è anche uno strumento di integrazione sociale perché attraverso il lavoro si creano relazioni con altre persone e si può trovare un posto nella società di arrivo, anche se non sempre è esattamente il posto a cui si aspira.

I nati all’estero in Italia oggi sono poco più di 5 milioni e rappresentano circa l’8% della popolazione complessiva. Da questo primo dato si potrebbe quindi pensare che siano una componente piccola e marginale della popolazione ma non è così. Se guardiamo alla loro presenza sul mercato del lavoro e quindi al loro peso percentuale sul totale degli occupati in età da lavoro (15-64 anni), vediamo che il loro peso percentuale è più elevato. I cittadini stranieri sono, infatti, il 14% degli occupati.

Come mai c'è questa differenza?

Perché i cittadini stranieri sono in media piu' giovani della popolazione italiana e più attivi sul mercato del lavoro. Dunque in proporzione la loro presenza si sente di più nel mercato del lavoro che nei dati generali sulla popolazione.

Il peso degli stranieri sull'occupazione è solo uno dei tanti indicatori della loro importanza per il sistema economico italiano. La situazione italiana non è diversa da quella di molti altri paesi Europei in quanto, come potete vedere dal grafico, la quota di occupati nati all’estero in Italia è solo leggermente più bassa di quella registrata in Germania, Spagna e Regno Unito ma addirittura più alta di quella registrata in altri paesi che hanno una storia molto più lunga di flussi migratori in ingresso come la Francia e la Danimarca.

La condizione lavorativa degli stranieri

Ma andiamo un po’ più in profondità. Che lavori fanno gli stranieri in Italia? In Italia gli stranieri svolgono molto spesso quei lavori che gli autoctoni non sono più disposti a svolgere perché faticosi, poco pagati, pericolosi, con orari difficili e, in generale, con cattive condizioni di lavoro.

Nelle regioni settentrionali si trova una percentuale molto elevata di stranieri nel settore della logistica, ovvero del trasporto merci, nelle pulizie, nelle costruzioni, nel lavoro operaio poco qualificato e nel lavoro di cura. Le assistenti domiciliari, le cosiddette badanti che si prendono cura degli anziani, sono per il 70% donne straniere.

Troviamo molti stranieri anche nelle panetterie, perché per fare il pane bisogna lavorare di notte, nei mercati rionali, dove si lavora all’aperto tutto l’anno, si guadagna poco e ci si alza molto presto al mattino, nelle cucine dei ristoranti.

Un altro settore dove la presenza straniera è elevatissima è il lavoro agricolo, sia nelle regioni meridionali che in quelle centro-settentrionali. Sono gli stranieri che, spostandosi sul territorio, si rendono disponibili al momento della raccolta delle arance e dei pomodori al Sud, delle mele e dell’uva al nord. Quando non ci sono le serre, il lavoro in agricoltura non è solo faticoso e poco pagato ma anche molto precario, perché si concentra in un periodo all’anno che è quello del raccolto. In agricoltura moltissimi stranieri lavorano senza regolare contratto ma non bisogna pensare che il lavoro degli immigrati sia sempre lavoro nero. Al contrario, essi sono spesso regolarmente presenti sul territorio italiano e svolgono attività lavorative regolari. Sono una parte del nostro sistema economico e produttivo.

La condizione lavorativa degli stranieri
La condizione lavorativa degli stranieri

Falsi miti da sfatare

Bisogna quindi sfatare il mito che vuole gli stranieri venire in Italia e rubare il lavoro agli italiani. Con l’eccezione delle aree, soprattutto al Sud, dove la disoccupazione è molto alta, nel resto del territorio italiano essi si rendono disponibili a svolgere attività lavorative che non sono considerate interessanti dalla popolazione autoctona e per cui c’è molta domanda da parte delle aziende e delle famiglie. Sono quindi una componente essenziale della struttura occupazionale e produttiva italiana, perché senza la manodopera straniera molte azienda manifatturiere, imprese di pulizia, centri di logistica non riuscirebbero a garantire lo svolgimento delle attività.

Non solo le aziende ma anche le famiglie sarebbero in difficoltà se non ci fossero gli stranieri disponibili a lavorare con orari lunghi e retribuzioni basse, magari a domicilio. In particolare, il ruolo svolto dalle donne straniere nella cura degli anziani e nel lavoro domestico è infatti un tassello fondamentale che permette alle donne autoctone di poter rimanere attive nel mercato del lavoro e poter quindi trovare realizzazione nel lavoro.

Se non ci fossero donne straniere disponibili a lavorare come badanti, colf e baby sitter, molte donne autoctone sarebbero costrette a smettere di lavorare per prendersi cura dei propri genitori anziani, perché i servizi pubblici in Italia su questo aspetto non sono di supporto come dovrebbero e nelle coppie italiane vale ancora molto spesso la regola che siano le donne a farsi carico delle attività di cura ed, eventualmente, a rinunciare al lavoro per questo.

Se ci focalizziamo sull’insieme delle occupazioni elementari, cioè sulle occupazioni poco qualificate e manuali, un lavoratore su tre e nato all’estero. Si potrebbe pensare che la loro concentrazione in attività poco qualificate derivi dal fatto che sono poco istruiti ma questo è solo parzialmente vero. In media, la popolazione straniera è solo leggermente meno istruita di quella italiana.

Allora come mai gli stranieri sono concentrati nelle attività poco qualificate anche se sono istruiti? Si parla a questo riguardo di segregazione occupazionale, cioè di concentrazione in alcune attività lavorative e difficoltà di accesso alle altre. Questa concentrazione è molto evidente anche se si confrontano cittadini italiani e cittadini stranieri con lo stesso titolo di studio. Se prendiamo ad esempio la popolazione tra 25 e 34 anni e ci concentriamo sui laureati, vediamo che il 19% dei laureati nati all’estero svolge un’occupazione manuale contro il 2,4% degli autoctoni, mentre solo il 41% svolte attività qualificate contro il 76% degli autoctoni.

La condizione lavorativa degli stranieri

Perché gli stranieri sono segregati nelle attività poco qualificate?

Le cause sono più di una e in piccola parte gioca la scarsa conoscenza della lingua italiana e la difficoltà a vedere riconosciuti i titoli di studio conseguiti in paesi non appartenenti all’Unione Europea.

Ma oltre a queste difficoltà di accesso alle occupazioni qualificate ci sono quelle che derivano dagli stereotipi dei datori di lavoro, che per le attività faticose e poco pagate cercano manodopera straniera ma per molte altre invece preferiscono lavoratori nati in Italia.

In più bisogna considerare che si cerca e si trova lavoro molto spesso tramite relazioni personali, conoscenze dirette e indirette e gli stranieri hanno prevalentemente relazioni con propri connazionali o con altri stranieri, per cui riescono molto facilmente a cercare un’occupazione come fattorini per la consegna a domicilio, come muratori o come badanti, ma hanno moltissime difficoltà a trovare impiego in altri settori più qualificati.

Infine, quando sono alla ricerca di lavoro devono trovarlo in fretta perché in Italia non ci sono sussidi pubblici per chi sta cercando lavoro e non possono neppure fare affidamento sul sostegno famigliare, come molti giovani autoctoni che possono invece rimanere a casa con i genitori finchè non hanno trovato un lavoro che li soddisfa. Per questo, quindi, alla fine sono spinti ad accettare le prime occasioni di impiego che si presentano loro e queste occasioni spesso sono relative a lavori poco qualificati e poco pagati.

I due video sotto riportati sono tratti, come anticiapto, dalle sezioni  Intersezioni e Definizioni del kit educativo Migrazioni e Migranti, il primo (a sinistra) riproduce l'intervento di Giovanna Fullin cui si riferisce in modo specifico questo articolo, il secondo si riferisce all'intervento di Asher Colombo a volte citato dall'autrice.