Che cosa è il costituzionalismo? Storia e teoria di un movimento. Le Costituzioni non nascono dall’oggi al domani. Hanno dietro di sé un lungo percorso di elaborazione ideale e di pensiero, che si snoda nella storia dell’Occidente, a partire dal XVII secolo. Conoscerne le linee essenziali ci aiuta a comprendere la ricchezza del patrimonio di concetti e di pratiche che governano la sfera pubblica, nella quale viviamo come cittadini e non come sudditi.
Il costituzionalismo è “un movimento politico, filosofico, culturale”, scaturito dalle grandi rivoluzioni borghesi del XVII-XVIII secolo e teso “alla conquista di documenti costituzionali improntati a principi liberali o liberaldemocratici” (Augusto Barbera). Questi principi definiscono una dottrina volta, nel complesso, ad affermare il primato della costituzione quale strumento di organizzazione e limitazione del potere, in chiave democratica e a garanzia dei diritti fondamentali dell’individuo.
La lunga evoluzione di questa dottrina ha segnato diverse tradizioni giuridiche e politiche, sviluppandosi su articolate basi teoriche che, di seguito, proveremo a delineare.
Il modello liberale ed il modello democratico-radicale
In linea di massima, possiamo distinguere due paradigmi fondamentali del costituzionalismo. Da un lato, il modello liberale – prevalente nella tradizione anglosassone – e, dall’altro lato, il modello democratico-radicale – prevalente nella tradizione francese e, in linea di massima, europeo-continentale.
Il primo modello ha il proprio nucleo in un sistema di valori e principi concernenti la garanzia dei diritti fondamentali attraverso la costituzione, in chiave di tutela giuridica degli interessi essenziali dell’individuo. Questa garanzia è la base del governo democratico giacché un siffatto governo può sussistere solo come espressione di una comunità politica fondata sul – e orientata al - rispetto di ciascun individuo e delle sue basilari esigenze di tutela.
Il secondo modello invece si incentra su valori e principi concernenti la sovranità popolare che, con la costituzione, trova riscontro nell’organizzazione democratica del potere di governo e l’adozione del principio di maggioranza nei processi decisionali di natura politica. In questa prospettiva, al contrario di quella liberale, il governo democratico è la base della garanzia dei diritti giacché attraverso l’autogoverno politico gli individui realizzano in via primaria la propria libertà e i propri interessi fondamentali.
Questi due paradigmi, in alcune versioni e per alcuni aspetti, si sono combinati e sovrapposti. Tuttavia, sono fondamentalmente caratterizzati da lineamenti teorici che rimandano a modelli filosofici diversi tra i quali, tuttora, oscilla il costituzionalismo contemporaneo.
Il costituzionalismo liberale
Storicamente, il costituzionalismo liberale ha le proprie radici nella Glorious Revolution ((1688-89) e nel movimento rivoluzionario americano che portò alla guerra d’indipendenza (1776) e all’emanazione della Costituzione degli USA (1787). Le basi teoriche di questo modello si sviluppano intorno all’idea del primato dei diritti naturali dell’individuo, che costituiscono “il” limite al potere e la sua giustificazione. Intorno a questa idea, John Locke ha costruito la propria teoria del governo liberale e i Padri Fondatori, negli USA, hanno articolato la prima Costituzione scritta e rigida della storia.
Nel pensiero di Locke, i diritti naturali dell’individuo sono il fondamento dell’ordinamento. Essi esprimono le basilari esigenze di tutela proprie di tutti gli esseri umani in quanto tali, e hanno ad oggetto la garanzia della vita, della libertà e della proprietà. La libertà, in questa prospettiva, è valorizzata soprattutto come libertà negativa, cioè come libertà da impedimenti e interferenze che possano provenire dalle istituzioni o da altri individui.
La garanzia dei diritti fondamentali, cosi concepiti, è la ragione per cui gli individui, attraverso un contratto sociale, attribuiscono il potere di governo alle istituzioni e, poi, pongono una serie di vincoli a quel potere. In questi termini, i diritti naturali precedono il potere politico: sono prerogative di tutela in cui il potere trova la propria ragion d’essere e al contempo il proprio limite. Essi, cosi, assurgono a fondamento e parametro di legittimità dell’azione istituzionale, costituendo il fulcro dell’ordine costituzionale.
L’organizzazione dei poteri
Nel tempo, questa idea del primato dei diritti ha avuto declinazioni diverse che hanno valorizzato in vario modo la libertà dell’individuo, l’esigenza di uguaglianza civile e il rapporto tra l’individuo e la comunità politica.
Nelle sue molteplici versioni, questa idea rappresenta il nucleo del costituzionalismo liberale anglosassone. Intorno ad esso, si è sviluppato un articolato sistema di principi concernenti l’organizzazione del potere in chiave pluralista, in termini di distribuzione sia tra più livelli di governo ed aree territoriali, sia tra più soggetti istituzionali operanti sul medesimo livello o nello stesso territorio.
La prima dimensione ha segnato in modo particolare il costituzionalismo statunitense, in cui l’organizzazione del potere in senso federalista rappresenta la risposta all’esigenza di autogoverno democratico nel rispetto del pluralismo. La costituzione degli USA è il prodotto istituzionale di questa visione che si affermò tra i Padri Fondatori anche grazie alle proposte avanzate da Hamilton, Madison e Jay ne Il Federalista (1787), una celebre raccolta di scritti che rappresenta il manifesto della tensione del costituzionalismo USA verso il federalismo.
Per quanto riguarda la seconda dimensione, il costituzionalismo liberale anglosassone è tradizionalmente caratterizzato dalla separazione e distribuzione del potere tra soggetti posti sullo stesso piano e, dunque, in grado di contro-bilanciare gli uni le azioni istituzionali degli altri. Questa visione ha trovato applicazione, specie nel costituzionalismo americano, in una organizzazione dei rapporti tra potere politico e potere giudiziario per cui il secondo non è subordinato al primo. Esso è separato dal potere politico e chiamato a correggerlo se necessario per contro-bilanciarne l’azione – specie quella del legislatore e delle maggioranze politiche che questi rappresenta – a garanzia dei diritti di ciascun individuo. Questa visione trova la propria espressione istituzionale nel judicial review, il riesame giudiziale delle leggi, che la Corte Suprema USA ha riconosciuto quale prerogativa del potere giudiziario con la celebre sentenza sul caso Marbury v. Madison del 1803. Con tale sentenza, la Corte assunse il ruolo di giudice delle leggi, legittimato a vagliarne la compatibilità con la Costituzione e a dichiararle non valide in caso di contrasti con essa.
Nel complesso, la dottrina della separazione dei poteri d’impronta liberale è strumentale all’affermazione della rule of law. Quest’ultimo è il governo del diritto – e dei diritti dell’individuo che ne sono il nucleo giustificativo – rispetto al governo degli uomini e alle manifestazioni del potere politico – specie legislativo – che potrebbero minare la garanzia dei diritti di ciascuno e delle minoranze.
In quest’ottica, peraltro, il modello liberale connota il governo degli uomini, e l’esercizio del potere politico, in chiave indiretta e rappresentativa per svincolarlo dalla pressione degli interessi particolari e delle singole fazioni politiche e sociali. Attraverso il mandato elettorale, il popolo sovrano affida ai propri rappresentanti il compito di recepire e filtrare – con un certo grado di indipendenza e attraverso il confronto nelle sedi istituzionali – le molteplici istanze che provengono dalle sue diverse componenti.
Su queste basi, oggi, il costituzionalismo liberale si presenta prevalentemente come un costituzionalismo ‘giuridico’ o ‘legale’, che valorizza la dimensione giuridica della costituzione e le garanzie dei diritti che questa fornisce soprattutto attraverso la giustizia costituzionale.
Il costituzionalismo democratico
Il modello democratico si sviluppa intorno all’idea di sovranità popolare quale fulcro dell’ordinamento costituzionale che è preordinato ad affermarla e garantirla attraverso il governo democratico e l’adozione del principio di maggioranza nei processi politici. Storicamente, il modello democratico affonda le proprie radici nella Rivoluzione francese e nel pensiero giacobino e degli Enciclopedisti, in particolare Jean Jacques Rousseau .
Come Locke, Rousseau ha usato l’idea del contratto sociale per inquadrare la fonte del potere politico ed il suo fondamento. In questa versione, diversamente da quella liberale, il contratto sociale crea un corpo politico unitario e sovrano, attraverso il quale gli individui si auto-governano in termini di eguaglianza e realizzano la propria libertà. La volontà di tale corpo politico è una volontà “generale”, che esprime l’interesse comune – anziché quello dei singoli -– e trova espressione nella legge.
Questa è la primaria manifestazione istituzionale della sovranità popolare ed è, pertanto, il perno dell’ordine politico: solo sottomettendosi ad essa – e alla volontà generale che esprime -– gli individui realizzano la propria libertà. Su queste basi, il costituzionalismo democratico valorizza la legge in quanto espressione della sovranità popolare ed è tendenzialmente diffidente rispetto alla rappresentanza politica e, più in generale, rispetto ai meccanismi istituzionali che possano porre una distanza tra la legge e la volontà generale che questa dovrebbe esprimere in modo immediato e diretto.
Da questa prospettiva, il potere di produrre le leggi prevale sul potere esecutivo e, soprattutto, sul potere giudiziario che deve essere esercitato al solo scopo di applicare la legge, senza produrre nuovo diritto. Questa visione del giudice come ‘bocca della legge’, di matrice giacobina, trova spazio anche nel pensiero illuminista italiano, specie quella di Cesare Beccaria e la sua concezione del ragionamento giudiziale come sillogismo deduttivo, che deve trarre dalle premesse poste dal legislatore soltanto le conclusioni già insite in esse. In ambito europeo, questa visione ha portato il sindacato di costituzionalità ad affermarsi in Austria nel 1920, dunque in epoca più tarda rispetto all’ambito anglosassone.
L’individuo come cittadino
Insieme all’idea della sovranità popolare, il costituzionalismo democratico valorizza la visione della cittadinanza quale nesso di appartenenza del cittadino alla comunità politica, che lo rende libero in quanto capace di autodeterminarsi e agire nella sfera pubblica. Da questo punto di vista, il modello democratico-radicale differisce da quello liberale. Quest’ultimo, come si è detto, valorizza la libertà negativa mentre la prima pone l’accento sulla libertà positiva, cioè la libertà per l’individuo di autodeterminarsi e di fare ciò che consente di contribuire attivamente alla vita della comunità politica. Su questo terreno il modello democratico interseca, sulle orme di Rousseau, la concezione repubblicana dell’ordine politico di matrice rinascimentale e, ancor prima, machiavelliana e aristotelica, che connota l’appartenenza dell’individuo alla comunità politica in termini diversi da quelli liberali. L’accento, infatti, non è soltanto sui diritti di cui l’individuo è titolare, ma anche sulla virtù civica che deve esercitare ed i doveri che derivano dal suo status di membro della repubblica.
Oggi il costituzionalismo democratico si presenta come un costituzionalismo ‘politico’ in quanto pone in primo piano la dimensione politica della costituzione ed il suo nucleo costituito dalla sovranità popolare e dal potere legislativo.
Sotto questo aspetto, le tesi contemporanee valorizzano il modo in cui la legge è prodotta: essa scaturisce da processi decisionali governati dal principio di maggioranza, che rispecchiano e garantiscono l’eguale status morale di ciascun individuo e, per questa via, pongono le pre-condizioni per la garanzia dei suoi diritti fondamentali.
Nata nel 1976, è ricercatrice e docente di filosofia del diritto nel Dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Bologna. E’ stata ricercatrice “Ramon y Cajal” nel Dipartimento di Diritto della Universitat Pompeu Fabra e “Max Weber Fellow” all’European University Institute. La sua attività di ricerca si incentra sul ragionamento giuridico, i fondamenti filosofici del costituzionalismo e la giustizia costituzionale, la teoria della democrazia deliberativa, i diritti sociali. (vedi curriculum completo)