Democrazia e diritto al voto
Democrazia e diritto al voto. Il titolo di questo articolo è di certo altisonante, mentre il contenuto non risponde pienamente alle aspettative che si potrebbero generare. Ci limitiamo, infatti, a riportare alcune delle mappe che Our World In Data presenta all’interno del suo sito, sul tema dei meccanismi di voto vigenti nei vari paesi del pianeta.
Prima di entrare nel merito delle mappe tematiche, anticipiamo considerazioni di carattere generale e riferiamo anche di alcuni tentativi eseguiti per quantificare il livello di democrazia (The Economist, il metodo Vanhanen); Civitas non intende né sposare né sponsorizzare nessuno di questi indici, ma ne riferisce unicamente perché saranno probabilmente utili nella analisi delle mappe proposte.
«Molte forme di governo sono state sperimentate e saranno sperimentate in questo mondo di peccato e di dolore. Nessuno ha la pretesa che la democrazia sia perfetta o onnisciente. Infatti, è stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre forme che sono state sperimentate di volta in volta.» (Winston Churchill).
La stragrande maggioranza degli Stati mondiali oggi si definisce "democratica". Fra gli Stati democratici però si possono distinguere differenti gradi di democrazia, e non è sempre semplice riconoscere la democraticità di uno Stato. Robert Alan Dahl per caratterizzare le specificità dei sistemi democratici del XX secolo propone di utilizzare, per designarli, il termine poliarchia.
Diversi studi sono stati eseguiti da più enti per stabilire il grado di democrazia di uno Stato. Fra questi spicca quello eseguito ogni due anni dal settimanale The Economist e conosciuto come Democracy Index, che prende in esame 167 nazioni e stabilisce per ognuna di esse un grado di democrazia, con un punteggio da 0 a 10. Alla fine del 2010, la Norvegia era risultata essere la nazione più democratica al mondo con un punteggio di 9.80 secondo i parametri stabiliti dal The Economist, mentre la Corea del Nord chiudeva la classifica con un punteggio di 1.08. L'Italia risultava essere una "Democrazia imperfetta" con un punteggio di 7.83, al 31º posto della classifica (dopo che nel 2008 era stata considerata una "democrazia completa"). Per i sistemi politici con simili difficoltà il politologo britannico Colin Crouch ha proposto l'introduzione di una nuova categoria intermedia, definita da lui "postdemocrazia".
Tra le mappe che presentiamo compare anche una basata sull’indice di Vanhanen un politologo finlandese e professore di scienze politiche all'Università di Tampere in Finlandia.
Ad oggi nel XXI secolo, soprattutto in Europa e America settentrionale, centrale, meridionale, la scienza politica (ma non solo essa) accetta la sua cosiddetta definizione minima di democrazia come criterio che sostiene quali regimi siano essenzialmente democratici e quali no. Ecco i componenti della sopraccitata definizione:
- suffragio universale maschile/femminile;
- elezioni libere, competitive, regolari, ricorrenti;
- multipartitismo;
- fonti di informazione plurime ed imparziali;
- garanzia in primis da parte della classe politica, prima di tutto verso la sua popolazione, di diritti di cittadinanza;
- abbattimento in primis da parte della classe politica di più estreme diseguaglianze socioeconomiche, prima di tutto interne;
- sufficiente acquisizione teorico/pratica di cultura democratica da parte della classe politica e concittadini/concittadine.
Osservando una delle prime mappe riportate, quella che rappresenta la percentuale di cittadini (e cittadine) che hanno un diritto al voto, vedrete che una percentuale altissima di loro raggiungono il 100%, anzi la mappa presenta una sola eccezione l’Arabia Saudita. Che cosa significa? Significa che la democrazia è pervasiva in tutto il pianeta? Nessuno può essere così ingenuo da pensare che basti votare per vivere all’interno di una democrazia; dipende in gran parte dal potere reale che hanno gli eletti rappresentanti del popolo e da numerosi altri parametri che concorrono a definire l’assetto generale dello Stato e del Governo di un paese.
E’ molto probabile che libere votazioni siano un presupposto necessario all’esistenza di una forma democratica, ma di certo non sono sufficienti a determinarla.
Aggiornamento 2022
Come ogni anno il settimanale britannico Economist ha compilato la classifica sullo stato di salute di 167 Paesi del mondo, dividendo i governi in democrazie piene, imperfette, regimi ibridi e autoritarismi. Ecco tutti i dati
La Norvegia sempre in testa alla classifica
Per quanto riguarda le Democrazie piene, siamo intorno a quota 24, il migliore governo del mondo si conferma la Norvegia, con un punteggio globale di 9.81/10. Confermata anche la Nuova Zelanda al secondo posto, mentre l’Islanda ha superato la Svezia nell’occupazione del terzo gradino del podio. Seguono e completano la top ten Finlandia, Danimarca, Svizzera, Irlanda, Paesi Bassi e Taiwan.
Il caso della Russia
Il governo di Putin registrato il più grande declino democratico di tutti i paesi del mondo, scendendo di 22 posizioni dalla classifica precedente al 146esimo posto. A livello globale, i tre paesi con il punteggio peggiore sono l’Afghanistan , il Myanmar e la Corea del Nord. All’estremo opposto, Norvegia, Nuova Zelanda e Islanda sono classificati come i paesi più democratici del mondo.
E l’Italia?
Siamo all’interno della categoria Democrazie imperfette e occupiamo la 34esima posizione globale, in calo di tre posti rispetto al 2021, con un punteggio di 7.69. Diciamo che secondo l’indicatore dell’Economist siamo avanti dal punto di vista del processo elettorale e del pluralismo (9.58), ma molto meno adeguata dal punto di vista del funzionamento del governo (6.79).
31° ⇒ 34°
tratto da InfoData de Il Sole 24Ore del 21 febbraio 2023 a cura di Luca Trmolada
previa registrazione, è possibile scaricare il rapporto completo Democracy Index 2022 (pdf di 84 pag.)
Storia del diritto al voto in Italia
In Italia il diritto di voto, nel 1861, era riservato ai soli cittadini maschi di età superiore ai 25 anni e di elevata condizione sociale. Nel 1881 il Parlamento approvò l'estensione del diritto di voto e fu ammessa anche la media borghesia; inoltre il limite d'età fu abbassato a 21 anni.
Nel 1912, su proposta di Giovanni Giolitti, il Parlamento approvò l'estensione del diritto di voto a tutti i cittadini maschi a partire dai 21 anni di età che avessero superato con buon esito l'esame di scuola elementare e tutti i cittadini di età superiore ai trenta anni indipendentemente dal loro grado di istruzione. Il suffragio universale maschile vero e proprio è stato introdotto con la legge n. 1985/1918, che ha ammesso al voto tutti cittadini maschi di età superiore ai ventuno anni, nonché i cittadini di età superiore ai diciotto anni che avessero prestato il servizio militare durante la prima guerra mondiale.
Il voto alle donne è stato invece riconosciuto nel 1946. La Costituzione repubblicana detta alcuni principi fondamentali in materia di voto, stabilendo che esso è personale, eguale, libero e segreto e che il suo esercizio è un «dovere civico». Questa disposizione va interpretata nel senso che la Costituzione proibisce il voto per procura, vietando così la possibilità di delegare ad altri il proprio diritto di voto e il voto plurimo, cioè la possibilità che il voto di ognuno abbia un valore numerico superiore a quello di un altro. È altresì nullo ogni patto con cui un elettore si obbliga a votare in un certo modo.
Attualmente in Italia il voto è un diritto di tutti i cittadini con almeno 18 anni d'età. Fino al 2021 per l'elezione del Senato era richiesta l'età minima di 25 anni.
L’8 luglio 2021, il parlamento ha approvato in via definitiva il disegno di legge costituzionale di modifica all’articolo 58 della Costituzione che regola l’elezione del Senato. La riforma approvata ha modificato l’età necessaria per eleggere i senatori, portandola da 25 a 18 anni di età. Pertanto, chiunque abbia compiuto la maggiore età può votare sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica.
Il voto è ritenuto un dovere civico, ma dal mero punto di vista giuridico l'obbligo e le eventuali conseguenze giuridiche per gli inadempienti sono cessate a seguito dell'abrogazione del dpr n.361 del 30 marzo 1957, nel 1993:
«art. 4: L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese[...] L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco [...]. L’elenco di coloro che si astengono dal voto (…)senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale. [...] Per il periodo di cinque anni la menzione ‘non ha votato’ è iscritta nei certificati di buona condotta» (artt. 4 e 115, dpr n.361 del 30 marzo 1957)
Resta l'articolo 48 della Costituzione (il voto è un dovere civico), ma nella pratica è un diritto anche liberamente non esercitabile. Ciò vale per tutte le tipologie di consultazioni elettorali (enti locali, Parlamento, Unione Europea, referendum abrogativo), poiché la disposizione abrogata e l'art. 48 cost. cui dava attuazione sono nel titolo IV della Carta Fondamentale; prima di allora l'assenza al voto doveva essere motivata in forma scritta al sindaco del comune di residenza, e poteva ad esempio essere valutata negativamente ai fini del superamento di un bando di concorso pubblico.
Le Mappe
Our World In Data è un sito di pubblicazione scientifica appartenente alla categoria della Editoria digitale che presenta ricerche empiriche e dati che mostrano come stanno cambiando le condizioni di vita nel mondo. Questa pubblicazione web sullo sviluppo globale comunica questa conoscenza empirica per mezzo di visualizzazioni di dati interattive (diagrammi e mappe) e presenta le scoperte sullo sviluppo che spiegano cosa provoca i cambiamenti che osserviamo e quali sono le conseguenze di questi cambiamenti. (se non conosci i grafici di Our World in Data vedi l'articolo che spiega le modalità di utilizzo)
Età delle democrazie, 2015
Viene mostrata l'età di ogni democrazia in anni alla fine del 2015. Un paese è definito democratico se soddisfa specifiche condizioni di contestazione/elezione e partecipazione politica (vedi scheda Fonti, nella mappa sources, per maggiori informazioni su questi criteri). L'età delle democrazie è calcolata sulla base dei dati pubblicati da Boix, Miller e Rosato (2018) sui regimi politici dal 1800 al 2015. Qui ci basiamo sulla versione 3.0 del dataset di Boix, Miller e Rosato che è stata pubblicata nel marzo 2018. La versione originale dei loro dati è stata pubblicata nel 2012. https://sites.google.com/site/mkmtwo/data
Definiscono un paese come democratico se soddisfa le seguenti condizioni sia per la contestazione che per la partecipazione. Contestazione: L'esecutivo è eletto direttamente o indirettamente in elezioni popolari e risponde direttamente agli elettori o a una legislatura. La legislatura (o l'esecutivo se eletto direttamente) è scelta in elezioni libere ed eque. Partecipazione: La maggioranza degli uomini adulti ha il diritto di voto. L'età delle democrazie fino al 2015 può quindi essere calcolata come il numero di anni in cui un paese è stato definito democratico. Per esempio, il Canada è stato definito come una democrazia per 149 anni perché è stato codificato come una democrazia dal 1867 al 2015.
Punteggio dei diritti umani vs. tipo di regime politico, 2015
Viene mostrato il punteggio dei diritti umani di ogni paese tracciato rispetto al suo tipo di regime politico. I punteggi dei diritti umani vanno da circa -3,8 a circa 5,4 (più alto è meglio è), mentre il regime politico va da -10 (piena autocrazia) a +10 (piena democrazia).
Percentuale di adulti che hanno il diritto di voto, 2020
Percentuale di cittadini adulti che hanno il diritto legale di votare alle elezioni nazionali. Sono prese in considerazione solo le restrizioni de jure; quelle de facto (per esempio l'intimidazione degli elettori) non lo sono.
L’interesse di questa mappa migliora sensibilmente se la guardate in senso storico (dinamico) utilizzando il tasto play ( ) e il tasto pause ( )
l'anomalia della Arabia Saudita rispetto agli altri Paesi
Come abbiamo detto in precedenza, il grafico osservato in modo statico ai valori del 2020, presenta una situazione dove tutti gli stati sono caratterizza da una percentuale del 100% di adulti con il diritto al voto, fatta eccezione per l'Arabia Saudita. Abbiamo già ricordato come non sia opportuno non confondere il diritto al voto con la presenza della democrazia, ma nell'Arabia Saudita colpisce profondamente la situazione delle donne. E questo con buona pace per il sentore Matteo Renzi che in un colloquio con il principe ereditario Mohammed bin Salman parla di nuovo rinascimento in Arabia Saudita.
Con amara ironia è comparso dall’account Twitter di Free from religion questo commento, a pochi giorni da un anniversario che non passa inosservato nel mondo musulmano: “Allah mette al bando l’alcool ma non la schiavitù: evidentemente ha le sue priorità”.
La schiavitù alla quale si allude è quella delle donne in Arabia Saudita, il più grande e potente Stato arabo dell’Asia occidentale per superficie, il secondo più grande del mondo arabo governato, da sempre, secondo i dettami della monarchia islamica fedele alla sharia, il che si traduce, per la popolazione femminile, in una enorme prigione a cielo aperto.
Le pressioni internazionali, per la verità, non molto forti nei decenni a causa dell’ovvia predominanza del fattore ‘petrolio’, ma sulla questione dei diritti universali delle donne hanno comunque fatto sì che, il 12 dicembre del 2015, dopo la promulgazione con editto nel 2011, le donne potessero accedere al voto per la prima volta in assoluto nella storia del paese.
In quella data in Arabia Saudita si sono tenute le elezioni municipali nelle quali le donne hanno potuto esercitare il diritto di voto attivo e passivo, quindi votare e essere votate. Ma attenzione: in un paese nel quale le donne possono, solo dal 2018, guidare l’auto (ma non in tutte le occasioni e solo con il permesso di un uomo della famiglia), e dove comunque devono essere sempre accompagnate in ogni luogo, fuori dalle mura domestiche, da un maschio, gli ostacoli all’esercizio per noi di un diritto basilare come quello del voto sono enormi, e condiscono di surreale l’acclamazione con la quale, cinque anni fa, fu salutato l’evento.
Per votare è necessario essere accompagnate al seggio, e quindi è bastata l’indisponibilità dei maschi della famiglia per rendere impossibile esercitare il nuovo diritto. Ci sono poi questioni tecniche, come il fatto che il documento necessario da presentare al seggio non è scontato per le donne, visto che anche per questo serve il benestare dei famigliari di sesso maschile. Insomma, questo voto, così declamato come una possibilità democratica, è stato una corsa a ostacoli piena di incognite, fatica e pericoli per le donne. https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/12/arabia-saudita-il-diritto-di-voto-alle-donne-e-pura-propaganda-sono-sempre-i-maschi-a-decidere/6032733/
Indice di democrazia di Vanhanen, dal 1820 al 2000
L'indice di democrazia di Vanhanen è prodotto combinando i dati sulla partecipazione politica e la competizione elettorale. In particolare: Indice = (% della popolazione adulta che ha votato alle elezioni) * (100 - % dei voti del partito vincente nelle elezioni nazionali) /100.
L' Indice di Democratizzazione (ID, anche Indice di Vanhanen) è stato ideato dal politologo finlandese Tatu Vanhanen. I dati sono attualmente disponibili per 187 paesi tra il 1810 e il 2000.
Vanhanen definisce la democrazia come "un sistema politico in cui gruppi ideologicamente e socialmente diversificati hanno il diritto per legge di competere per il potere politico e in cui i leader istituzionali sono eletti e responsabili nei confronti del popolo". In questo contesto, Vanhanen utilizza le due categorie chiave del concetto di poliarchia di Robert Alan Dahl – partecipazione e competizione – come misura del grado di democratizzazione di uno stato.
L'indice Vanhanen (ID) è calcolato moltiplicando il grado di partecipazione (P) per il grado di concorrenza (W) non ponderato e quindi dividendo il prodotto per 100
Il grado di partecipazione (P) è calcolato in base al numero degli elettori nell'ultima elezione diviso per la popolazione totale per 100. Per determinare il grado di concorrenza (W), la quota dei voti del partito più forte nell'ultima elezione per la rappresentanza parlamentare nazionale è sottratto da 100. Le soglie si applicano al grado di partecipazione e al grado di concorrenza nonché allo stesso indice di democratizzazione.
Ad esempio, un paese è classificato come democrazia solo se il suo punteggio P è almeno 20, il suo punteggio W è almeno 30 e di conseguenza il suo punteggio ID è almeno 6,0.
Partecipazione politica, dal 1820 al 2000
Quota della popolazione adulta che ha votato nelle elezioni precedenti. È uno dei componenti dell'Indice di Vanhanen della Democrazia di Vanhanen, insieme alla competizione politica.
Concorrenza politica, dal 1810 al 2000
La competizione politica è definita come una meno la quota di voti ricevuti dal maggior partito. È anche una componente dell’indice di poliarchia di Vanhanen.
Concorrenza politica vs Partecipazione politica, 2000
La competizione politica è definita come uno meno la quota di voti ricevuti dal maggior partito. La partecipazione politica è definita come la percentuale della popolazione adulta che ha votato alle elezioni.
E’ il portale per un’educazione alla vita civile, rivolto agli studenti delle scuole superiori e ai loro inseganti; è stato progettato e implementato (2020) dalla Associazione di cultura e politica Il Mulino e, a partire dal secondo semestre 2023, gestito dalla Fondazione Biblioteca Il Mulino; nel 2022 l’Associazione ha anche sviluppato una sezione didattica, finalizzata a costruire alcuni kit educativi; gli argomenti sono Europea casa comune, Migrazioni e Migranti, Clima e società, Disinformazione e responsabilità (visita il nuovo portale)