Studiare economia a scuola
Studiare economia a scuola. Dai primi anni cinquanta la teoria economica ha mutato pelle più volte, e non ha sempre dato buona prova di sé, al di qua come al di là dell’Atlantico. Ma le oscillazioni del pendolo fra paradigmi teorici diversi sono sempre state accompagnate dalla costante, progressiva, inesorabile colonizzazione della conversazione collettiva da parte di argomenti usciti dalla “fabbrica delle idee” degli economisti.
L’era del coronavirus non fa eccezione. Giornali, telegiornali, siti internet traboccano di articoli su spread, Quantitative Easing, Recovery Fund, eccetera. In Italia la discussione sui temi economici, o economico-istituzionali, sembra ancora più animata che altrove: basti pensare alla guerra di religione in corso sul Meccanismo Europeo di Stabilità.
Peccato che la gran parte dei cittadini abbia spesso pochissimi strumenti per orientarsi in questi dibattiti. Certo non aiuta il fatto che fra le poche fortezze rimaste ancora praticamente impenetrabili all’assalto degli economisti ci sia la scuola italiana, pur estremamente meritevole su molti altri fronti. Con l’eccezione di alcuni istituti tecnici, la scuola secondaria superiore in Italia non fornisce insegnamenti di economia. Col risultato che agli studenti è richiesto di conoscere le vicende della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), ma non di comprendere le vicende dei nostri giorni, in cui un annuncio del presidente della Banca Centrale Europea può dominare il dibattito politico per intere settimane, o mesi, o addirittura anni (è il caso, ad esempio, del whatever it takes di Mario Draghi).
Fornire agli studenti una alfabetizzazione economica e finanziaria di base significherebbe formare cittadini e professionisti più consapevoli. E anche tutelare quei settori sociali più esposti a cadere vittime dell’asimmetria fra “chi sa” (o può pagare “chi sa” per “sapere al suo posto”) e “chi non sa”: i recenti crack bancari in Italia hanno sollevato il velo su comportamenti spesso scorretti degli istituti di credito, ma anche sulla sconcertante inconsapevolezza di molti risparmiatori sui rischi connessi ai propri investimenti.
C’è una obiezione che a volte si muove all’insegnamento dell’economia nelle scuole, ma che forse trova le proprie origini in una critica della disciplina economica in sé, o meglio dello stato dell’arte della teoria economia prevalente. Lungi dal promuovere maggiore capacità di analisi della realtà e spirito critico, l’economia “dei manuali” prende spesso le forme di un esercizio astratto e autoreferenziale, o peggio di una celebrazione acritica di discutibili – e per nulla scientifici – orientamenti ideologici. Non si tratta di una obiezione del tutto infondata. Ma questa è solo una parte della realtà. Ed è se mai un argomento per promuovere maggiore impegno, maggiore rigore e anche maggiore pluralismo nello studio e nell’insegnamento dell’economia.
A chi ancora diffida dell’opportunità di avvicinare i ragazzi delle scuole italiane allo studio dell’economia, perché in fondo diffida dell’economia “dei manuali”, si potrebbe ricordare la celebre provocazione di Joan Robinson, che certo non era da meno di Romer nella severità delle proprie critiche all’ortodossia del suo tempo: l’economia serve in primo luogo ad “apprendere come evitare di essere ingannati dagli economisti”.
Ora che hai letto la sintesi puoi
leggere l'articolo completo di Emilio Carnevali apparso su Sbilanciamoci
o segui sullo stesso articolo gli aggiornamenti
Festival dell'economia di Trento
Il Festival dell'economia di Trento è un festival nato nel 2006 dall'idea di mettere a confronto gli economisti con il grande pubblico: tradurre il loro linguaggio per renderlo comprensibile a tutti e, contemporaneamente, far capire qual è il modo di pensare degli economisti a persone che normalmente non hanno a che vedere con l'economia. Il Festival si svolge annualmente a Trento dal suo esordio nel 2006. Fanno parte del comitato promotore la Provincia, il Comune e l'Università degli Studi di Trento; il comitato organizzatore è composto dalle case editrici Giuseppe Laterza & figli e il Sole 24 ore. Tutti gli incontri della rassegna si tengono entro il centro storico della città, distanziati tra loro da pochi minuti di spostamento a piedi. Le sale adibite sono spesso quelle di antichi e pittoreschi palazzi della città.
Trova casa a Torino il Festival internazionale dell'Economia. Dopo l'addio burrascoso a Trento, per volere della Provincia a trazione leghista del presidente Maurizio Fugatti, gli Editori Laterza hanno scelto il Piemonte per far ripartire una manifestazione che da sedici anni porta l'economia in piazza mettendo a confronto economisti di fama internazionale con il grande pubblico. "Merito, diversità e giustizia sociale" il titolo della prima edizione di questo nuovo ciclo, che si svolgerà sotto la Mole dal 2 al 5 giugno, aggiungendo alla sua denominazione originaria quella di "internazionale". A guidare la kermesse saranno sempre Tito Boeri, direttore scientifico, e Innocenzo Cipolletta, che guiderà il neo costituito comitato editoriale. Con gli Editori Laterza, a cui la Provincia di Trento ha preferito Il Sole 24 Ore, entrambi "ringraziano tutte le città - più di venti - che nelle scorse settimane si sono candidate a ospitare il nuovo Festival, con una straordinaria mobilitazione di istituzioni pubbliche, associazioni e imprese, a testimonianza della volontà di non disperdere ed ampliare un'esperienza avviata nel 2006. (continua a leggere su Ansa del 28 0ttobre 2021)
E’ il portale per un’educazione alla vita civile, rivolto agli studenti delle scuole superiori e ai loro inseganti; è stato progettato e implementato (2020) dalla Associazione di cultura e politica Il Mulino e, a partire dal secondo semestre 2023, gestito dalla Fondazione Biblioteca Il Mulino; nel 2022 l’Associazione ha anche sviluppato una sezione didattica, finalizzata a costruire alcuni kit educativi; gli argomenti sono Europea casa comune, Migrazioni e Migranti, Clima e società, Disinformazione e responsabilità (visita il nuovo portale)