Conversazione 2 alla fine dei conti cosa ci ha dato la UE?
il secondo dialogo: Conversazione 2 alla fine dei conti cosa ci ha dato la UE?
tratti da Perché l’Europa. Dialogo con un giovane lettore, di Antonio Padoa Schioppa
MARCO (M) Mi permette di proporle una serie di battute lampo che i populisti e i nazionalisti ripetono continuamente, chiedendoLe risposte altrettanto immediate?
ANTONIO (A) Proviamo...
M La stampa, i media e i social network lanciano continuamente messaggi negativi, critici sull'Europa e sull'Unione europea. Anche chi si oppone ai sovranisti aggiunge che "questa Europa" non va bene. Vorrei sentire da lei se è possibile formulare in breve un messaggio di segno opposto, che mostri quali siano — se ci sono — i risultati ottenuti dall'Europa da quando è nato il progetto di integrazione.
A Si, credo che sia possibile ed anzi necessario. Nel corso di questo dialogo spero che approfondiremo sia gli aspetti positivi sia i nodi non ancora sciolti dell'Unione. Io ricorro all'immagine della cattedrale incompiuta proprio per mettere in luce il fatto che un edificio imponente già esiste. Esso deve essere conosciuto e apprezzato come merita, molto di più di quanto oggi non accada. Le navate principali di questo edificio sono tre, secondo me, ma ci sono anche molte cappelle laterali, come nelle grandi chiese romaniche e gotiche. E c'è una base, un fondamento comune di regole e di diritti. Inoltre, la prospettiva di entrare a far parte dell’Unione europea ha costituito un fattore determinante nella transizione alla democrazia in Paesi europei governati ancora dopo la seconda guerra da regimi autoritari, dalla Grecia dei colonnelli alla Spagna franchista e al Portogallo di Salazar. Le navate sono, rispettivamente, la pace; il benessere; la solidarietà.
M La pace in Europa ormai mi sembra scontata.
A La prospettiva di una guerra tra Paesi europei oggi è remota, sembra scomparsa per sempre. Abbiamo alle spalle settant'anni di pace, una condizione che in Europa non si era mai avuta dalla fine dell'Impero romano, da oltre quindici secoli. E un successo straordinario, del quale si rende pienamente conto chi ha visto da vicino e vissuto l'orrore della guerra: non la vostra generazione, per fortuna. Non c'è dubbio che il processo di integrazione europea è stato un elemento determinante di questo risultato. Non solo: l'Unione europea è stata ed è promotrice di pace anche fuori dai propri confini, basti pensare alle tante missioni di pace alle quali prende parte attiva nel mondo.
Tuttavia solo la realizzazione di una vera difesa comune potrà ad un tempo rendere impossibile una guerra intra-europea e assicurare all'Unione le condizioni per la propria difesa, per la propria sicurezza e per la propria autonomia rispetto alle grandi potenze di oggi e di domani. Soprattutto in un mondo dove le risorse saranno sempre meno e si avranno condizioni climatiche mai viste prima. In un mondo che cambia velocemente se non si completa l'integrazione e addirittura si torna indietro, la guerra tra gli Stati europei potrebbe tornare, la libertà e l'autonomia potrebbero sparire, considerando che gli Stati nazionali diventerebbero facile preda delle potenze mondiali. E solo un'Europa unita potrebbe promuovere una crescita sostenibile.
M Davvero l'Unione europea ha creato benessere? Le critiche non mancano, mi pare.
A I fatti parlano da soli. Con la creazione del mercato comune, a partire dal 1957, il livello della ricchezza nei Paesi della Comunità economica europea (CEE) e poi dell'Unione europea è cresciuto negli anni in misura impressionante. Per l'Italia, ad esempio, il reddito pro capite si è quintuplicato nel corso dei decenni, dagli anni Cinquanta al 2010: da Paese povero, dal quale ancora dopo la seconda guerra si emigrava nelle americhe e in Australia, siamo diventati uno dei Paesi più floridi del pianeta. La libera circolazione delle merci e dei capitali ha permesso di promuovere una concorrenza non più ostacolata dalle frontiere e dai dazi, così che i prodotti migliori per qualità e prezzo sono arrivati nei negozi e nei supermarket di tutta Europa e le imprese più valide hanno potuto esportare liberamente a vantaggio dei consumatori: lo sperimentiamo ogni giorno. Non è certo un caso se la Comunità economica europea, inizialmente limitata ai sei Stati fondatori (Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo) si è progressivamente estesa dal 1972 al 2013 prima a nove, poi a dodici, a quindici, a venticinque e a ventotto Stati europei (ora ventisette, dopo l’uscita della Gran Bretagna).
M I Paesi dell'Est europeo hanno anch'essi raggiunto la prosperità?
A Nei Paesi dell'Est europeo, usciti da mezzo secolo di subordinazione all'Urss, la concorrenza e la libera circolazione di persone e capitali, insieme con gli interventi di supporto dell'Unione europea, hanno avuto un peso determinante nel far crescere il livello di benessere. Ad esempio, nel breve periodo dal 2006 al 2008, subito dopo l'ingresso nell'Unione europea, il Prodotto interno lordo per abitante (Pii) è salito in Ungheria del 27,4%, in Polonia del 26.3%, in Romania addirittura del 73,9%. Ed ha continuato a salire, subito prima della crisi, anche negli altri Paesi. Non vi è dubbio che la crescita dell'Europa e il benessere che ne è derivato nell'arco di ormai quasi settant'anni sono stati incentivati in misura molto elevata proprio in virtù dell'integrazione economica.
M II benessere di cui lei paria ha anche altre dimensioni?
A Sì. Chi non ha vissuto il dramma di un'inflazione galoppante — la più ingiusta delle imposte, diceva Luigi Einaudi — forse non può capire l'importanza della stabilità monetaria, che protegge il risparmio, che permette al cittadino di programmare il proprio futuro e che è stata assicurata dalla moneta unica, l’Euro. Nel commercio internazionale il fatto che l'Europa nello stipulare accordi commerciali e trattati agisca come un unico soggetto dà molto più peso anche alle richieste dei singoli Paesi di fronte ai colossi del mondo di oggi, dagli Usa alla Cina all'India alla Russia: a tutela dei propri prodotti, contro le forme di concorrenza sleale o non corretta da parte dei Paesi terzi. E ancora: benessere è anche la possibilità di circolare liberamente, come a casa propria, in ogni paese dell'Unione, come ben sanno i giovani e che hanno usufruito di un programma Erasmus, ma non solo loro. Investimenti per il benessere futuro, nostro e altrui, per i Paesi dell'Unione e per il mondo, sono anche le politiche di avanguardia che l'Europa persegue a livello internazionale sulle energie rinnovabili e sulla difesa dell'ambiente dai rischi climatici. Dunque, un insieme imponente di risultati resi possibili solo dalla progressiva integrazione europea, là dove l'Europa parla e agisce con una voce sola. Che poi esistano difficoltà, fasi critiche e insufficienze è verissimo. Ne parleremo in seguito. Ma in nessun caso è stato dimostrato che esse sarebbero risolte in modo migliore tornando indietro, alle sovranità nazionali del passato.
Conversazione 2 alla fine dei conti cosa ci ha dato la UE?
M La terza navata, la solidarietà, mi sembra però in netta crisi. O sbaglio?
A Purtroppo questo oggi è vero. Ascoltiamo ogni giorno rivendicazioni dei governi che puntano al proprio interesse nazionale (a quello che essi credono essere l'interesse nazionale...) in una logica di dare e avere che non è quella sulla quale si è costruita l'integrazione europea. E una deriva che rischia di svuotare di significato l'Unione. Tuttavia il principio di solidarietà non solo è chiaramente sancito nei trattati, ma è ancora pienamente attivo nelle politiche dell'Unione. Vedremo tra poco alcuni dati, ma possiamo anticipare che alla politica di coesione a sostegno delle regioni meno ricche d'Europa il bilancio dell'Unione ha destinato per il settennio dai 2014-2020 un volume complessivo di risorse di bilancio pari a 352 miliardi di Euro. Le politiche di coesione non sono altro che una declinazione del principio di solidarietà sul terreno dell'economia. E poi ci sono gli interventi per le emergenze e per le calamità naturali. Si potrebbe e si dovrebbe fare di più, se il bilancio dell'Unione lo consentisse. Ma quello che l'Unione fa è già molto, anche se è scarsamente pubblicizzato.
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