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Recovery: se le riforme non precedono i soldi Ue non seguono

Recovery: se le riforme non precedono i soldi Ue non seguono

da Filippo Cavazzuti | 25 Set 2020 | Next Generation EU, QueControverseUE, recovery fund

Recovery: se le riforme non precedono i soldi Ue non seguono

Senza la modifica di svariate leggi in vigore e la relativa approvazione parlamentare è impossibile realizzare le riforme annunciate dal Governo nelle “Linee guida” e propedeutiche all’arrivo dei fondi europei ma non sarà una passeggiata – Ci vorrebbe una Commissione di tecnici per individuare subito le normative da cambiare

Esaurita la fase delle politicamente facili promesse elettorali su come spendere i fondi UE, ora si apre la fase più ardua che riguarda la volontà riformatrice e la capacità politica della coalizione di governo che deve transitare nelle aule parlamentari per l’approvazione. Sarà un lavoro impegnativo dato che molte delle riforme annunciate nei diversi capitoli delle “Linee guida” postulano, come ovvio, la modifica di svariate ed importanti leggi in vigore, oltre alla legge elettorale egualmente impegnativa.

Recovery: se le riforme non precedono i soldi Ue non seguonoautore
Filippo Cavazzuti

ripreso dalla raccolta fatta dall’autore dei suoi articoli pubblicati su quotidiano on line “Firstonline

Stupisce quindi che nel IV capitolo delle “Linee guida”, dall’impegnativo e promettente titolo “Politiche e riforme di supporto” (pp.24-35), il piatto forte siano le politiche mentre le riforme ne sono soltanto il contorno. Non a caso, dunque, nelle “Linee guida” altrettanto stupisce che non venga indicata alcuna legge civile, penale o amministrativa che sia ancora oggi vigente da cassare interamente o rivedere ed emendare e correggere, seppure a pag.33 si ipotizza la revisione del diritto penale, di quello civile e di quello societario, tanto per esemplificare. Invece, le riforme legislative dovrebbero costituire il piatto forte da presentare alla UE per rendere credibili i progetti di spesa da finanziare con i fondi della stessa UE. In altre parole, se le riforme legislative regolamentari non precedono, i soldi UE non arrivano.

 

Sarebbe dunque opportuno avviare fin da subito la ricerca delle normative da emendare per rendere attuabili le proposte di spesa. A questo fine, una agile e poco numerosa commissione parlamentare potrebbe iniziare i lavori, eventualmente assistita da una altrettanto agile commissione di tecnici di ogni settore professionalmente capaci di muoversi nell’intreccio delle più diverse legislazioni.

Ad esempio, si prenda il caso della pubblica amministrazione del ruolo centrale assegnatole nelle “Linee guida”. È noto a tutti coloro che hanno avuto a che fare per l’ottenimento dei fondi pubblici, che da sempre si deve percorrere un percorso sempre incidentato dal rispetto e dall’intreccio delle norme di tutti gli ordinamenti giuridici, amministrativi, penali e civili, insieme a quelli esercitati dalla giustizia penale ed amministrativa come il Tar il Consiglio di Stato e la Corte dei conti. Ne deriva un labirinto normativo e istituzionale oggi sempre più strenuamente difeso dalle rispettive corporazioni entro i confini incerti tra politica e amministrazione.

Recovery: se le riforme non precedono i soldi Ue non seguono

Oggi si è molto ipotizzato sugli effetti positivi potenzialmente derivanti dalla nuova domanda aggregata creata dalla spesa dei fondi UE: finanziata con nuovo debito da restituire per 170 miliardi di euro e da grants per circa 70 miliardi. I primi transiteranno per i bilanci delle Amministrazioni pubbliche, i secondi ragionevolmente per la sola tesoreria del Ministero del tesoro. Nel totale si tratta di circa 210 miliardi di euro con rate annuali di circa 70 miliardi. E’ un ammontare di spesa pubblica che corrisponde all’incirca 7 al +8-9% del totale della spesa annua delle AP (870 mld); a circa due volte la sola spesa delle AP per investimenti fissi lordi (40 mld nel 2019). e a 2 volte l’intera spesa in conto capitale (60 mld).

 

La pubblica amministrazione sarà in grado di offrire e dimostrare che dispone di una tale potenza di fuoco per ottenere i fondi UE? A tal fine innovando radicalmente rispetto al passato, e ci racconta il passato, occorrerà associare ad ogni progetto l’elenco delle nuove procedure, delle nuove normative che rendano credibili la realizzabilità nei tempi concordati di esecuzione degli stessi. Sarebbe dunque ora di fare evaporare la nebbia politica che circonda le svariate proposte di riforma, in vista del dibattito politico e parlamentare che deve accompagnare siffatta evaporazione. Una volta si chiamavano riforme a costo zero, al fine di sottacere che si trattava come oggi di riforme a elevati rischi di natura politica e non tecnica, come purtroppo lasciano immaginare in trasluce le “Linee guida”.

un nuovo debito da restituire per 170 miliardi di euro e da grants per circa 70 miliardi


Recovery Fund, quali riforme per l’innovazione?

27 Luglio 2020

Il Recovery Fund richiede radicali riforme per concedere i fondi promessi ma quali siano quelle immaginate dal Governo per l’innovazione nessuno lo sa – Anche perché una politica per l’innovazione senza affrontare la riforma della burocrazia ministeriale e sindacale è puro vaniloquio

Usi a vestire con le parole il nulla, ma incapaci di uscire dal surreale dibattito Mes si o Mes no, e pronti invece ad accapigliarsi in una partita verbale a rubamazzo, sullo spendere i fondi attesi dal Next Generation UE (NGUE), si trascura il “come” ottenerli con le radicali riforme richieste dallo stesso NGUE. Ad esempio, la mai quantificata promessa e fondamentale politica del governo italiano per l’innovazione, la ricerca scientifica e la digitalizzazione per il rilancio dell’economia italiana, non pare tenere conto dei vincoli finanziari posti nel NGEU (p. 16 Parte II, Le spese), ove si indicano l’ammontare dei fondi disponibili per i diversi progetti nazionali (a prezzi 2018), per gli anni 2021 2027.

Recovery: se le riforme non precedono i soldi Ue non seguono

Cioè circa 19 miliardi di euro per ogni anno considerato. Quali riforme intendono proporre i nostri garruli ministri capeggiati dall’altrettanto garrulo presidente Conte, per ottenere i fondi per l’innovazione? Sfugge al momento nel dibattito solo verbale, la più che imprescindibile connessione tra riforma della pubblica amministrazione e la politica per l’innovazione e per la ricerca scientifica e l’Università. Quest’ultima per ora è stata espunta da ogni considerazione, forse in omaggio alla permanente e pervicace autolegittimazione della casta grillina (ma anticasta altrui) sempre anti meritocratica, “uno vale uno”.

Recovery: se le riforme non precedono i soldi Ue non seguono

Sono parole che vestono il nulla quelle che propongono la politica per l’innovazione senza affrontare la riforma della burocrazia ministeriale e sindacale che nei decenni hanno sempre avvilito e condizionato negativamente la vita di ricerca e di didattica delle Università italiane, con palese violazione della costituzione italiana che sancisce che (art. 33 Cost.), “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Ne dovrebbe conseguire che al governo non potrebbe essere consentito di emettere circolari per governare e condizionare la vita degli atenei. A questi dovrebbe essere garantita, entro le sole leggi, ogni autonomia statutaria per la propria organizzazione scientifica e didattica, favorendo ogni auspicata competizione tra le diverse sedi accademiche che ne rifletta il merito scientifico e didattico di ogni ateneo nei confronti degli altri. E’ il presupposto per il rispetto dell’altro fondamentale articolo 97 della Costituzione per cui anche nel caso degli atenei italiani si accede per concorso pubblico e si progredisce nella carriera solo e soltanto per concorso pubblico. Si tratta delle più ovvie regole che possono favorire la futura selezione meritocratica della classe dirigente pubblica e privata.

Il NGUE richiede riforme per ottenere i fondi. Avrà il coraggio il garrulo presidente Conte che per rilanciare durevolmente l’economia italiana e farla uscire dalla stagnazione 11 secolare occorre riconoscere alle scuole di ogni ordine e grado la necessaria autonomia per perseguire l’abitudine alla più efficace preparazione meritocratica in vista della selezione delle future classi dirigenti politiche, pubbliche o private che siano.

articolo 33 della Costituzione
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sulla istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. (continua)

articolo 97 della Costituzione
Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. I pubblici uffici sono organizzati secondo ... (continua)