Cambiamento climatico e comportamento elettorale. Sembra aumentare nell’opinione pubblica la sensibilità verso il cambiamento climatico ma non è ancora chiaro quanto questa si traduca in un effettivo sostegno ai partiti che pongono al centro del loro programma la questione ambientale. Raya Muttarak ci mostra un nuovo studio in cui per la prima volta si evidenzia la connessione tra estremi climatici a livello locale e comportamenti elettorali, in particolare nelle regioni con un clima temperato e fresco e con condizioni socioeconomiche migliori.
articolo tratto da Neodemos
Gli ultimi anni sono stati i più caldi mai registrati in Europa, e l’estate del 2021 ha visto non solo raddoppiare il numero di incendi rispetto alla media annuale degli ultimi 10 anni, ma anche una serie di devastanti inondazioni. Ormai è ben noto che la temperatura globale stia aumentando rapidamente e gli estremi climatici di oggi potrebbero sembrare addirittura miti rispetto a quelli a cui assisteremo nel futuro.
Uno degli ostacoli maggiori alla riduzione dei cambiamenti climatici è di natura politica. Sebbene disponiamo delle tecnologie per ridurre le emissioni di carbonio, il loro utilizzo richiede dei costi nell’immediato, soprattutto in termini di tagli e sacrifici con effetti visibili solo a distanza di anni. Si tratta di una strategia che paga poco in politica. Tuttavia, eventi meteorologici insoliti, come periodi di siccità o caldo estremo, potrebbero aumentare la sensibilità degli elettori sui temi ambientali.
Cambiamento climatico o riscaldamento globale?
Sulla base di questi elementi, abbiamo raccolto i dati dall’Eurobarometro in 42 serie di indagini realizzate in 34 paesi tra il 2002 e il 2019, insieme ai dati sui risultati delle elezioni europee in 28 paesi tra il 1994 e il 2019. Abbiamo poi collegato queste informazioni con dati su siccità, incendi, inondazioni e temperature in 1239 aree amministrative europee nel periodo 1994-2019.
I risultati dell’analisi, pubblicati su Nature Climate Change e riportata da numerosi media internazionali, mostrano come l’esperienza diretta di eventi climatici estremi porta i cittadini europei a rafforzare le loro preoccupazioni sul tema ambientale e come queste si traducono in un effettivo sostegno politico nella lotta ai cambiamenti climatici sotto forma di voto per i partiti ambientalisti (tabella 1).
Questa relazione, che sembra apparentemente intuitiva, è però molto più sfumata del previsto: la tipologia di eventi climatici estremi, le condizioni climatiche di base a livello locale e la situazione economica sono tutti elementi che entrano nel quadro, influenzando il fenomeno. Anche se i climatologi riconoscono sia le anomalie positive di temperatura che quelle negative come segni di un clima che cambia, solo le anomalie positive – come le ondate di calore e i periodi di siccità – hanno un’influenza sul livello di preoccupazione dei cittadini e di conseguenza le loro scelte di voto.
Risulta, infatti, che maggiore è il numero di giorni di caldo fuori stagione (rispetto alla media del periodo 1971-2000) verificatosi in una determinata regione durante l’anno che ha preceduto una consultazione elettorale o un’elezione europea, maggiore è il numero di persone che in quell’area si sono dichiarate preoccupate per l’ambiente e più alta la quota di voti incassati dai partiti ambientalisti.
Lo stesso effetto non si registra nel caso di anomalie negative di temperatura, come ondate di freddo, lunghi periodi di pioggia e alluvioni. È probabile che l’uso del termine “riscaldamento globale” accanto o al posto di “cambiamento climatico” punti l’attenzione sulle ondate di calore e sulla siccità distogliendo l’attenzione dagli altri eventi meteorologici.
La diversa sensibilità ai temi ambientali
La ricerca ha anche evidenziato che l’effetto degli estremi climatici sulle preoccupazioni per il clima e sul voto ai partiti ambientalisti è più forte nelle regioni con un clima temperato e fresco, rispetto alle regioni dell’area mediterranea con un clima caldo e arido, per le quali non si osservano effetti significativi (figura 1).
Altre analisi hanno mostrato che nelle regioni in cui la popolazione è in media più giovane e con livelli di istruzione più elevati, risulta maggiore la tendenza a rispondere in modo significativo agli estremi climatici modificando il livello di preoccupazione per l’ambiente e di conseguenza le scelte elettorali. Infine, ma non da ultimo, conta il reddito: gli effetti registrati sul comportamento dei cittadini sono infatti risultati inferiori nelle regioni meno ricche, mentre sono particolarmente pronunciati nei centri urbani, dove le condizioni economiche sono relativamente migliori.
Ambientalismo e comunicazione
Nel complesso, si evidenzia un effetto causale significativo, in Europa, tra estremi climatici a livello locale – in particolare ondate di calore e periodi di siccità – e il sostegno dei cittadini ai partiti ambientalisti. In base ai risultati della ricerca, i voti per i partiti ambientalisti sono aumentati dello 0,8% quando le ondate di calore sono state in media più lunghe di un giorno al mese per un periodo di 12 mesi.
Potrebbe sembrare poco ma così non è. Per esempio, alle ultime elezioni del Parlamento europeo del 2019, la quota di voti ai green parties per l’Inghilterra e il Galles è stata dell’11,8%. I nostri risultati mostrano che un giorno in più, insolitamente caldo, nel periodo di 12 mesi prima delle elezioni, avrebbe portato a una quota di voti del 12,6% per i green parties; un altro giorno in più caldo sarebbe stato il 13,4%, e così via
Il riscaldamento globale indotto dall’uomo porterà a fenomeni meteorologici sempre più estremi nei prossimi decenni e la maggior parte dei governi sta studiando come ridurre le emissioni di gas serra attraverso la decarbonizzazione dell’economia. Tenendo fede agli impegni assunti con l’Accordo di Parigi, l’UE si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di carbonio del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030, il che significa investire in importanti cambiamenti nel modo in cui funzionano le economie, dalla generazione di energia, ai trasporti alla produzione e all’agricoltura.
Nelle democrazie, cambiamenti così radicali richiedono il sostegno dell’opinione pubblica, ma a causa dei messaggi contrastanti dei governi e dei media e della mancanza di una comunicazione efficace sui rischi climatici, molte persone non sono ancora convinte che tali cambiamenti siano necessari.
Professoressa ordinaria in demografia presso il dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Bologna. Principal Investigator (PI) del progetto ERC-Consolidator POPCLIMA: Dinamica della popolazione sotto il cambiamento climatico globale (2022-2026). Interessi di ricerca: Popolazione, ambiente e sviluppo sostenibile, Eterogeneità della popolazione e previsioni, Vulnerabilità differenziale e capacità di adattamento, Migrazione e mobilità Salute, benessere e sicurezza alimentare; (vedi il Curriculum Vitae)