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Quanto inquina Internet

Quanto inquina Internet

da | 7 Mag 2021 | ambiente, clima, Internet, OWD | 0 commenti

Quanto inquina Internet? La domanda sembrerà ad alcuni un po’ bizzarra, perché siamo quasi tutti abituati ad indentificare Internet e le tecnologie informatiche con un mondo virtuale popolato da bit, incapace di avere interazioni con il mondo reale; ma non è proprio così. Se potessimo identificare il mondo di Internet con uno stato sovrano troveremmo che si trova al quarto posto per produzione di CO2, preceduto solo da Cina, USA e India. Nell’articolo cercheremo di chiarire meglio i meccanismi con i quali Internet interagisce con il clima del nostro pianeta, facendo prima alcune considerazioni di ordine tecnico sugli effetti prodotti dalla CO2 e dagli altri gas climalteranti.

CO2 e gas climalteranti

La CO2 (anidride carbonica o biossido di carbonio) è un gas inerte, inodore ed incolore, naturalmente presente in atmosfera in concentrazioni limitate. La CO2 è parte dei cicli biogeochimici naturali, quale il risultato della ossidazione delle molecole organiche (cioè le molecole della vita), definite “carboniose” proprio perché strutturate intorno all’atomo di carbonio. La CO2 non è tossica, non è nociva: è un composto atmosferico "naturale".

Una volta generata tramite respirazione cellulare, combustione o decomposizione delle molecole organiche, la CO2 trova il suo “destino ambientale” nel comparto atmosferico, dove permane per lungo tempo contribuendo all’effetto serra naturale: l'effetto serra è il fenomeno di termoregolazione naturale della Terra, che permette condizioni termiche idonee alla nascita ed al mantenimento della vita terrestre. Una sorta di "maglione naturale", insomma, che grazie ad un complesso bilancio termico mantiene una temperatura relativamente omogenea e costante su tutta la crosta terrestre. Una temperatura che però può aumentare anche e soprattutto in ragione dell'emissione antropica di CO2 e degli altri gas ad effetto serra, portando ad un riscaldamento non naturale del clima globale, eccessivo e pericoloso: il riscaldamento climatico!

A partire dalla seconda metà del 1700 le emissioni di CO2 connesse con le attività umane durante la rivoluzione industriale hanno fatto sì che questo gas si sia progressivamente accumulato in atmosfera, accentuando l’effetto serra e determinando il riscaldamento del clima terrestre. Il quale è a sua volta causa di squilibri del comparto atmosferico, idrico e biologico, con conseguenze, in prospettiva, sempre più rilevanti sull’uomo e sulla sua economica.

L’uomo ha infatti man mano accresciuto l’uso di combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone) a scopo combustivo, per riscaldarsi, muoversi, azionare macchinari: in questo modo è andato ad estrarre il carbonio che era contenuto nel sottosuolo nelle molecole organiche di questi combustibili, bruciandole e reimmettendo così il carbonio in atmosfera in forma ossidata (la CO2, appunto). Le emissioni di CO2 atmosferica oggi sono primariamente il risultato della ossidazione (combustione) dei combustibili fossili, i quali effettivamente costituiscono la principale fonte umana di emissione atmosferica di CO2 dell’era moderna.

La CO è oggi il principale responsabile dell’aumento dell’effetto serra antropicamente indotto, una situazione fortemente differente rispetto a condizioni pre-industriali quando il principale gas serra era il vapore acqueo! La concentrazione di CO2 nell’atmosfera ha attualmente superato la soglia dei 400 ppm (parti per milione), con un ritmo di crescita di 2,5 ppm annue: siamo pericolosamente prossimi al limite di concentrazione atmosferica di CO2 per poter limitare l'incremento di temperatura sotto i 2 °C (e quindi sperare in effetti non disastrosi dei cambiamenti climatici).

I gas climalteranti (GHG - GreenHouse Gases), responsabili dell'aumento dell'effetto serra naturale, sono infatti numerosi e vanno oltre la sola CO2. Questi gas, coinvolti negli obiettivi di riduzione collegati al Protocollo di Kyoto sono:

  • CO2, appunto, prodotta dall'impiego dei combustibili fossili in tutte le attività energetiche e industriali oltre che nei trasporti;
  • CH4 (metano), prodotto dalle discariche dei rifiuti, dagli allevamenti zootecnici e dalle coltivazioni di riso;
  • N2O (protossido di azoto), prodotto nel settore agricolo e nelle industrie chimiche;
  • HFC (idrofluorocarburi), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere;
  • PFC (perfluorocarburi), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere;
  • SF6 (esafluoruro di zolfo), impiegato nelle industrie chimiche e manifatturiere.

CO2  prodotta nel mondo

Ma quanta CO2 viene prodotta in un anno? Le emissioni di CO2  prodotte dai vari paesi si misurano oramai in miliardi di tonnellate, altrimenti detti Giga Ton, e abbreviate in GT Nel 2019 le emissioni mondiali di CO2  si sono stabilizzate a

33 miliardi di tonnellate

in termini di volume 33 mld di tonnellate di CO2 sono circa 66 miliardi di metri cubi, che equivalgono a circa 66.000 Empire State Building. L’Agenzia per la protezione dell’ambiente tedesca, per esempio, ha stimato che l’emissione di una tonnellata di CO2 genera un danno di 180 euro; seguendo questo parametro, altri fanno stime inferiori, il danno globale sarebbe di seimila miliardi di euro (più del PIL di Germania e Francia messe assieme).

Questi fatti sono (tragicamente) noti ma il tema di questo articolo è di comprendere meglio quale è il contributo che Intenet fornisce a questo pericoloso e dannoso fenomeno.

A partire dalla comparsa dei primi personal computer tutti noi siamo diventati produttori di informatica: documenti e fogli elettronici all’inizio, PowerPoint poco dopo; ma la vera esplosione si è verificata nella metà degli anni 90, quando è iniziata veramente l’era Internet (Internet nasce poco dopo il lancio dello Sputnik effettuato da parte dell’allora Unione Sovietica). Da allora (anni 90) gli abitanti del pianeta sono passati da 5,5 miliardi ai quasi 7,9 del 2021, si stima che ci siano 1,7 miliardi di personal computer, centinaia di milioni di server, più di un miliardo di siti internet; per non parlare delle mail che ogni giorno vengono inviate; quante sono? Nel tempo che ci avrete messo a leggere questa frase, circa 20 milioni di mail saranno entrate in rete; si stima che ogni giorno vengono inviate 247 miliardi di mail (fate voi il conto annuo), corrispondenti a una ogni 0.00000035 secondi; infine, sul motore di ricerca di Google si eseguono 3,5 miliardi di ricerche ogni giorno.

CO2 prodotta da Internet

Ora, giustamente, ci si chiederà che cosa ha a che fare questa storia con l’inquinamento e con l’effetto serra e il riscaldamento del pianeta. In fin dei conti stiamo parlando di oggetti immateriali fatti di bit e di byte; il problema è che i bit, per sopravvivere, hanno bisogno di atomi (sono un po’ come un virus): atomi di silicio ma non solo. Per fare funzionare questa enorme macchina virtuale sono necessari personal computer, server, modem, ecc.. ; questi oggetti debbono essere alimentati con energia elettrica e presentano il difetto di produrre una considerevole quantità di calore (energia) e di riscaldare l’ambiente circostante; per questo debbono essere raffreddati (soprattutto i server e le server farm): e così torniamo alla CO2.

Se potessimo identificare il mondo di Internet con uno stato sovrano troveremmo che si trova al quarto posto per produzione di CO2; dietro a Cina (9,1 GT), USA (5,5 GT) e India (2,2 GT), ma davanti a Giappone, Russia e Germania. Infatti, il peso di anidride carbonica prodotta da Internet è stimato in 1,85 miliardi di tonnellate

Vista in questo modo la Cina sembra essere il più grande produttore di CO2 e se guardiamo alle cifre in termini assoluti è così, ma se le stesse cifre le rapportiamo alla popolazione, abbiamo che ogni cinese produce 6,5 tonnellate all'anno, mentre ogni americano ne produce 17,1 (quindi 2,6 volte tanto), mentre ogni indiano produce solo 1,6 tonnellate anno (un decimo di un americano)

 

Quanto inquina Internet

La concentrazione accumulata di CO2

La concentrazione di CO2 in condizioni pre-industriali era di circa 270 ppm (parti per milione) oggigiorno la sua concentrazione - supera i 400 ppm.

270 ppm 400 ppm 
1750                                   2019

Di questa crescita sarebbe scorretto imputarne le cause a Cine e India, che come abbiamo visto restano tra i principali produttori CO2 (rispettivamente la prima e la terza). Questi due paesi rivendicano, in un qualche modo, il loro diritto ad inquinare la Terra, come nel tempo hanno fatto i paesi industrializzati dell'Occidente: rispetto alla data fissata nell'agenda 2030, il presidente Xi Jinping si è dato come orizzonte altri 30 anni, il 2060, per raggiungere la neutralità carbonica; mentre il premier indiano Modi, in occasione del G20 italiano e in apertura della COP26 di Glasgow, ha addirittura fissato la data per la neutralità carbonica  al 2070.

Il grafico sotto riportato (desunto da Our World in Data) mostra diversi indicatori relativi all'accumulo di CO2 nell'atmosfera del pianeta, tra  cui un video che ne sintetizza l'evoluzione temporale dal 1750 ai giorni d'oggi (2019). Le emissioni cumulative di anidride carbonica (CO2) rappresentano la somma totale delle emissioni di CO2 prodotte dai combustibili fossili e dalla cementificazione del territorio dal 1750, e si misurano in tonnellate. (ricordiamo che bilion t sono miliardi di tonnellate)

se non conosci i grafici di Our World in Data vedi l'articolo che spiega le modalità di utilizzo

Nel portale Our World in Data, è possibile trovare una versione più sofisticata di questa tabella, dove oltre alle solite modalità di personalizzazione sostanzialmente basate sulla possibilità di togliere o aggiungere paesi, è possibile variare diverse dimensioni quali:

  • tipo di gas prodotto:  Anidiride carbonica (CO) -  Metano (CH4)  - Ossido di diazoto (N2O) e altri
  • tipo di combustibile: petrolio, carbone, ecc..
  • tipo di valore rappresentato: pro capite, cumulativo, ecc..

Quanto inquina Internetvai alla tabella originale

Quanto inquina Internet: conclusioni

Allora è vero, Internet inquina? una mail sporca la terra?  quando guardiamo un film su Netflix diamo il nostro piccolo contributo al surriscaldamento del pianeta? Sì, ma la vera domanda che dobbiamo porci è quanto si inquinerebbe se non usassimo Internet. Immaginiamoci una riunione tra un manager di Zurigo ed un suo equivalente a Milano. Una riunione di 1 ora su Zoom produce una certa quantità di CO2, ma se il manager di Milano prendesse un aereo diretto a Zurigo per partecipare di persona  alla riunione , quanta CO2 si produrrebbe? Sicuramente una quantità molto maggiore. (però forse l'aereo per Zurigo partirebbe ugualmente)

Quanto inquina Internet

Dunque, Internet inquina, anche se abbiamo visto che, in molte situazioni, si inquinerebbe di più se non ci fosse ( la riunione Milano-Zurigo). Questo non toglie che sia auspicabile un codice di comportamento civico anche nell’uso della tecnologia; così come stiamo faticosamente imparando a raccogliere in modo differenziato i rifiuti che produciamo, così come qualcuno di noi sta cominciando a mangiare meno carne, potremmo diventare un po’ più ecologici quando, ad esempio, produciamo un messaggio WhatsApp su una chat e inviamo, oltre alle informazioni necessarie, tante faccine

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In realtà le faccine (emoticon) che vengono usate in tante piattaforme social non sono immagini, ma sono caratteri di un Font particolare (Segoe UI Emoj) e quindi non occupano poi tanto; mentre diverso è il caso di immagini e ancora peggio di filmati, che vengono veicolati sulle piattaforme: questi consumano porzioni significative di server, soprattutto se viste nel loro complesso.

Quanto inquina Internet“Condividete meno online e pensate bene prima di farlo” il messaggio del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani in estrema sintesi è stato questo, recapitato ieri (13 dicembre 2021) in videoconferenza a circa 17.000 studenti di medie e licei. “Un atto di responsabilità e capire che l'utilizzo smodato dei social non è gratis ha spiegato, vi sembrano gratis perché in realtà il prodotto siete voi e quando mandate delle inutili fotografie qualcuno le paga e hanno un impatto molto maggiore di quel che pensate: il traffico aereo produce il 2% della CO2, il digitale arriva al quattro e metà viene dai social.”

Altri settori responsabili del surriscaldamento: gli eserciti del mondo

Abbiamo appena analizzato come un comparto (Internet) possa essere assimilato ad un paese virtuale che con una sua produzione di CO2, partecipa (in modo negativo) al surriscaldamento. E' abbastanza ovvio che di queste virtualizzazioni se ne potrebbero fare altre, ad esempio uno dei tanti settori produttivi che, per loro natura, sono energivori; tra l'altro il contributo che fornisce Internet sarà anche molto alto ma, come abbiamo già detto, dovremmo valutare anche quanti processi fisici vengono sostituiti da Internet (in generale gli spostamenti).

Eppure c'è un settore che ha forti responsabilità, senza avere nessun pregio: stiamo parlando del settore militare, del settore bellico e dei conflitti armati.

Per rendere meglio l’idea di quante risorse vengono effettivamente usate dalle forze armate, possiamo dire che le emissioni di CO2 dei più grandi eserciti sono maggiori di quelle di molti paesi del mondo messi insieme. Una ricerca degli scienziati della Durham University e della Lancaster University mostra che l’esercito americano è uno dei maggiori inquinatori climatici della storia. Se infatti le forze armate statunitensi fossero un paese, si collocherebbero tra Perù e Portogallo nella classifica globale degli acquisti di carburante. Ma sappiamo che gli Stati Uniti non sono i soli ad avere un esercito (si veda l'articolo di Civitas sulle spese militari nel mondo - 2000 miliardi di dollari).

Su questo tema vi proponiamo un recente video (30' circa) dove Roberto Mezzalana, (Presidente e Amministratore Delegato di Golder Associates Europe e Responsabile del Sustainability Council di Golder Associates Corporation) affronta questo tema con competenza e pacatezza.

 


Clima: storica intesa in Ue sulle emissioni, chi inquina paga

18 dicembre 2022 - Ansa
L'UE compie un grande balzo in avanti sulle misure per arrivare alla neutralità climatica entro metà secolo. Dopo una maratona negoziale cominciata venerdì alle 11 e conclusa nelle prime ore del mattino, le istituzioni europee hanno raggiunto un accordo sui connotati del nuovo mercato della CO2 dei Ventisette, l'Emissions Trading System (ETS). Il sistema che dal 2005 dà un prezzo alle emissioni di CO2 traducendo in pratica il principio "chi inquina paga". L'Ets, che nasce oggi per essere il principale strumento dell'azione climatica Ue dei decenni a venire, sarà più grande e non interesserà più solo industria ed energia. Per la prima volta al mondo un mercato della CO2 coprirà i trasporti via mare. Ma anche quelli via gomma e il riscaldamento e, in futuro, gli inceneritori .... (continua a leggere)


Le emissioni di CO2 continuano a crescere: le strategie in campo non funzionano

19 marzo 2022 - HuffPost - Chicco Testa
Il rapporto dell’IPCC relativo al 2021 è passato quasi sotto silenzio. Nessun segno di inversione nonostante le roboanti promesse e impegni presi dai Governi di un po’ tutto ill mondo. l rapporto dell’IPCC relativo al 2021 è passato quasi sotto silenzio, oscurato dalle notizie minacciose dall’Ucraina. Ma ci dice cose altrettanto allarmanti. In sintesi nel 2021 le emissioni di CO2 hanno raggiunto il loro picco storico. Continuano a crescere sia per la quantità annua, superiore nel 2021 a quella di qualsiasi anno precedente, sia ovviamente per il totale accumulato. Nessun segno di inversione nonostante le roboanti promesse e impegni presi dai Governi di un po’ tutto ill mondo. Non funziona il disaccoppiamento, vale a dire la crescita economica senza quella della CO2: anzi la crescita delle emissioni supera quella del PIL. In altri termini ad ogni unità di PIL aggiunta nel mondo corrisponde un uguale o leggermente maggiore quantità di CO2 ... (continua a leggere)


Bitcoin, i miners lasciano la Cina dopo la stretta del governo

AGI - 24 agosto 2021 - Arcangelo Rociola
Quanto inquina InternetMolte società stanno cercando di andare via dal Paese che fino a poche settimane fa consumava circa due terzi dell’energia globale usata per creare criptovalute. Bit Digital ha circa 20 mila computer nella provincia dello Sichuan. Dopo la stretta di Pechino sull’attività dei minatori di criptovalute all’inizio dell’estate, molte società che lavorano sull’estrazione di bitcoin stanno cercando di lasciare la Cina. Il Wall Street Journal racconta l’esempio di Bit DIgital e altre società attive nel settore che stanno incontrando non poche difficoltà a lasciare il Paese che fino a poche settimane fa consumava circa due terzi dell’energia globale usata per creare criptovalute. Bit Digital ha circa 20 mila computer nella provincia dello Sichuan, ed è costretta ad affrontare in queste settimane costi di imballaggio e spedizione molto alti, mentre un singolo computer per estrarre bitcoin è arrivato a costare oltre 12 mila dollari. (continua a leggere)


Perché la Cina ha deciso di rivedere la propria politica nel 'mining' dei bitcoin

AGI - 6 giugno 2021
Quanto inquina Internet L'energia necessaria ad estrarli è salita a livelli ecologicamente non più sostenibili. E questo è entrato in rotta di collisione con i recenti obiettivi climatici di Pechino. La Cina sta rivedendo il suo ruolo di numero uno mondiale nel 'mining', cioè nella produzione di bitcoin. Il motivo? L'energia necessaria ad estrarli è salita a livelli ecologicamente non più sostenibili. E questo è entrato in rotta di collisione con i recenti obiettivi climatici di Pechino, la quale sta anche pensando di introdurre una valuta nazionale digitale, proprio in alternativa ai bitcoin. Lo rivela il Wall Street Journal, il quale ricorda che fino a tre quarti della fornitura mondiale di criptovalute è stata prodotta in un solo paese, la Cina, dove una spinta del governo per ridurre la produzione sta ora causando fortissime turbolenze globali sui bitcoin. (continua a leggere)


I bitcoin pesano sull'ambiente quanto una città di mezzo milione di abitanti
Wired - giugno 2019 -  Viola Rita
Quanto inquina InternetOggi tre ricercatori di Monaco e del Mit hanno calcolato l'impatto sull'ambiente, in termini di emissioni di CO2, dei bitcoin. Che pesano come Kansas City o come la Giordania o lo Sri Lanka. Anche la moneta elettronica ha un peso sull’ambiente ed è associata ad emissioni di gas serra. Come già noto, i bitcoin, in qualche modo, inquinano. A calcolare il loro impatto ecologico, oggi, è un modello matematico realizzato da tre ricercatori dell’Università tecnica di Monaco e del Mit negli Usa, che hanno valutato le emissioni di anidride carbonica, uno dei principali gas serra, associate alla blockchain bitcoin. In questo caso il processo in questione è la validazione delle transazioni bitcoin, che richiede un hardware specializzato e un’ampia quantità di elettricità e che per questo è legata alla produzione di gas serra. In particolare, gli autori hanno stimato il consumo annuale di energia elettrica di questi movimenti e hanno dimostrato che anche le criptovalute hanno un’impronta non trascurabile sull’ambiente. I risultati sono pubblicati sulla rivista Joule. (continua a leggere)


ecco che cosa scrive Riccardo Luna su La Repubblica di martedì 5 maggio 2021
Quanto inquina Internetanche Internet inquina. La rivoluzione digitale non è gratuita. Alla sua prima uscita pubblica il ministro della Transizione Ecologica ci ha tenuto a ricordarci che anche la nostra vita social ha un costo in termini di cambiamento climatico. Ogni mail che mandiamo, ogni post su Instagram, ogni ricerca su Google, emettono, indirettamente, una certa quantità di diossido di carbonio. Cioè non è la singola mail che emette inquinamento, ma il costo in termini di consumo di elettricità affinché quella mail venga scritta, inviata e ricevuta. Fino a quando la maggior parte della energia elettrica sarà prodotta con fonti fossili, l’elettricità che fa funzionare Internet - e i suoi datacenter - contribuirà a inquinare il pianeta. Conosco bene e stimo Roberto Cingolani e credo che abbia fatto bene a ricordarci un tema che viene studiato e dibattuto da almeno un decennio. L’ultimo dato su cui c’è un consenso diffuso, citato anche dal ministro, è che Internet complessivamente è responsabile del 3,7 per cento delle emissioni inquinanti, pari a quelle del trasporto aereo. (continua a leggere


e anche la Redazione Green Planner il 7 settembre del 2020
ogni giorno, 35 milioni di persone solo in Italia passano più di due ore connesse a Internet. Tutti usufruiscono della rete e nessuno può farne più a meno. Attività lavorative, shopping, chiacchiere con amici, sono sempre di più le operazioni comuni sul world wide web. E anche se non sembra, tutto questo ha un impatto ambientale considerevole. L’inquinamento causato da Internet, infatti, è un problema reale, preso in considerazione solo da pochi anni. Internet, infatti, è tutt’altro che una tecnologia a basso impatto ambientale. … Come menzionato sopra, l’inquinamento causato da Internet è un problema serio. In generale il web presenta due fattori che hanno un impatto notevole sull’ambiente. Il primo è il dispendio energetico determinato dai dati trasmessi in rete. Più dati vengono trasmessi, più energia elettrica è richiesta. Alcune società si stanno impegnando a usufruire di energie rinnovabili come Apple, Microsoft e Facebook, tuttavia la strada è ancora lunga. Oltre all’energia elettrica per le operazioni di calcolo, i server devono essere anche raffreddati. Spesso vengono usate delle ventole, ancora una volta alimentate con elettricità, incrementando ulteriormente l’impatto di ogni server. Un altro problema da non trascurare riguarda le innovazioni tecnologiche apportate ai dispositivi elettronici che determina una sostituzione delle componenti più datate. (continua a leggere


e ancora Mirco Conti del Gruppo di lavoro Sostenibilità Digitale FFF Italia (Friday For Future)
quando ci immergiamo nel web spesso tendiamo a immaginarlo come un mondo puramente virtuale, etereo e intangibile. Non siamo portati a pensare all’intera infrastruttura fisica che ci permette di visualizzare i contenuti digitali sulle interfacce dei nostri dispositivi. Ebbene per tenere in vita la rete e gestire lo scambio di dati devono essere costantemente in funzione interi apparati di server e data center. Questi, per funzionare, come già vi starete immaginando, hanno bisogno di una gran quantità di energia. Energia che serve non solo per alimentare le macchine ma anche per mantenerle nelle condizioni adatte a farle funzionare, ad esempio con impianti di raffreddamento, per evitare che si surriscaldino troppo i componenti. Per ora la maggior parte dell’energia utilizzata per queste infrastrutture deriva dai combustibili fossili. La digitalizzazione permette di limitare alcune azioni inquinanti, come la riduzione di spostamenti inutili o il consumo di risorse naturali, ma a poco gioverebbe se per permettere la sua esistenza si devono produrre nuove emissioni. Secondo Carbonfootprint, società di consulenza ambientale, una ricerca su Google può causare da 1 g a 10 g di emissioni di CO2. Detta così non sembra molto ma teniamo presente che Google elabora circa 47.000 ricerche al secondo, 3.5 miliardi al giorno. Ancora, mandando una semplice mail con un allegato di 1 MB consumiamo circa 19 grammi di CO2, guardando una serie TV in streaming si può arrivare a 90 grammi. (continua a leggere)

E gli allevamenti intensivi di bovini quanto inquinano?

Tra i vari soggetti che danno un contributo (negativo) al surriscaldamento del nostro pianeta, un ruolo significativo viene giocato dagli allevamenti intensivi di bovini e altri. Questi non solo sono attori nel consumo della risorsa acqua (si veda su Civitas), ma anche e soprattutto hanno un peso determinante nella produzione di gas climateranti: in particolare CO2 e CH4 (metano).


I supermercati europei iniziano a chiudere alla carne che distrugge l’Amazzonia

16 dicembre 2021 - Il Sole 24Ore -  Gianluca Di Donfrancesco

Da gruppi come Sainsbury’s e Carrefour stop ai prodotti messi sotto accusa da una nuova denuncia sul «riciclaggio di bestiame». La grande distribuzione in Europa comincia a chiudere i suoi supermercati alla carne legata, anche in modo indiretto, alla deforestazione dell’Amazzonia. Dopo anni di denunce, un nuovo report ha spinto alcuni gruppi a rivedere le proprie scelte di approvvigionamento: tra loro Sainsbury’s, la seconda maggiore catena britannica, Carrefour e Delhaize in Belgio, Lidl Olanda, Auchan in Francia. Lo stop colpisce per lo più alcuni prodotti, come carne in scatola o essiccata. Lidl Olanda, invece, si è impegnata a smettere di vendere qualsiasi tipo di carne bovina originaria dal Sud America a partire dal 2022. La sussidiaria di Ahold Delhaize, Albert Heijn, la più grande catena di supermercati olandese. (continua a leggere)

 

I colossi della carne inquinano più della Germania e persino di Big Oil

9 settembre 2021 - La Repubblica - Paola Rosa Adragna

Allevamenti intensivi: ecco le 5 conseguenze più terribili per noi e per il  pianetaLe aziende zootecniche hanno un impatto ambientale significativo, ma nessun governo impone dei tetti alle emissioni di gas serra. E grazie ai miliardi di finanziamenti che ricevono la produzione di proteine animali non farà che aumentare. La produzione di carne sta mettendo a rischio la salute del Pianeta. Le prime 20 aziende zootecniche del mondo sono responsabili di più gas serra di quanto ne producano da soli Stati come la Germania, la Francia o il Regno Unito. Questi giganti della carne e dei latticini emettono insieme 932 milioni di tonnellate (0,9 GTon/anno) di CO2  mentre la Germania - che è il Paese che inquina di più tra i 3 - si ferma a 902. La multinazionale brasiliana Jbs, la più grande azienda zootecnica al mondo in base alle vendite, è responsabile da sola di più di un quarto di queste emissioni. Se si considerano le sole prime cinque queste insieme producono più anidride carbonica di big del petrolio come Exxon, Shell o Bp. Ricevendo miliardi di finanziamenti senza che i governi mettano un tetto alla loro possibilità di inquinare l'atmosfera. (continua a leggere)


Perché gli allevamenti intensivi causano la deforestazione del Brasile

9 settembre 2021 - HuffPost - Chiara Caprio, Responsabile della Comunicazione di Animal Equality Italia

Incendi record in Amazzonia: perché è un dramma per l'intero PianetaLe foreste del Brasile sono tornate a bruciare. C’è una regione, in particolare, che in questo momento soffre più delle altre ed è quella del Pantanal, la più estesa pianura alluvionale del pianeta. Solo nel 2020, il 29% della sua superficie è stata distrutta da incendi appiccati quasi del tutto in maniera illegale. Di fronte alla scomparsa di un’area pari a 6 milioni di campi da calcio, e alla minaccia che questo rappresenta per l’estinzione di massa dell’ecosistema che la popola, la domanda che ci si potrebbe porre è: cosa spinge ad appiccare incendi di simili dimensioni e con conseguenze così gravi per l’ambiente? Il team investigativo di Animal Equality si è recato nella regione del Mato Grosso per indagare sugli incendi nelle foreste del Pantanal e nella savana del Cerrado, raccogliendo interviste e testimonianze di coloro che sono in prima linea nella battaglia contro la deforestazione. Il video reportage - narrato per l’edizione italiana dalla cantautrice Giorgia - frutto di questa ricerca rivela che gli allevatori di bestiame appiccano illegalmente incendi per ricavare terreni da destinare all’allevamento di bovini da carne e per piantagioni di soia, la maggior parte della quale viene esportata per essere utilizzata come mangime per gli animali negli allevamenti di tutto il mondo. (continua a leggere)